Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

Tl libro della terza, quarta, quinta elementare 503 ehi e di don Angelini per la Religione. E conveniamo che, nonostante l'inevitabile molteplicità degli scrittori, i volumi non mancano d'una 11ostanziale unità: si respira suppergiù in tutti la stessa atmosfera fidente, lo stesso desiderio (ec(',o una cosa nuova) di levare lo sguardo oltre i limiti consueti, di respirare nel mondo, e oltre questo mondo. Gli occhi s'affisano, dalla terra e dal mare, al Cielo: le pagine di can– dore evangelico scritte da coloro cui fu dato il còmpito di parlare ai ragazzi di Dio e de' suoi segreti s'intònano essenzialmente (ecco il punto) con quelle di chi, dovendo parlar d'altro, l'han tuttavia fatto, al suo modo, con senso intimamente religioso. Ma naturalmente il 1ibro dove quest'unità s'avverte meglio, com– patto per ispirazione come per architettura, è quello affidato per intero a uno scrittore solo : il libro di quinta, di Roberto Forges Davanzati. Un nome come questo del Forges è già, da solo, garanzia di fede e di salute: e fede e salute si respirano, diremmo, organicamente, dalla sua storia del Balilla Vittorio. Scrivendo per ragazzi già abbastanza grandi, egli non s'è tenuto, deamicisianamente, all'esposizione di nudi fatti: ha anche ammonìto, e talvolta impartito lezioni vere e proprie. Ma è singolare come ammonimenti e lezioni non assumano mai, dalla sua penna, il tòno didascalico e predicatorio : tanto fuoco di convinzione le riscalda dall'interno, che (ne abbiam fatto persona,lmente la riprova, interrogando coloro a cui il libro è destinato) i lettori lo ascoltano bene intenti. Per molto tempo la vicenda prediletta dagli scrittori educativi fu quella della gita del ragazzo cittadino che scopre la campagna. Forge11 ha capovolto la vecchia storia: ha preso un ragazzo di •stirpe paesana, e l'ha mandato in città. Il balilla Vittorio, figlio d'una famiglia picco– loborghese, viene coi suoi a passare un anno in Roma, a sedere per un anno sui banchi d'una scuola pubblica della capitale. Quello che gli suc– cede, non ha niente di straordinario: in famiglia, è la ma1attia d'un fratello più grande, è la nascita d'un nuovo fratellino; a scuola, sono i contatti coi soliti compagni, « venuti da famiglie di tutte le parti d'Ita– lia», perché nella Capitale « l'unità della, patria è cosa vivente, che parla anche attraverso gl'incontri dei dialetti»: Gherardi, l'agiato mila– nese, che sogna di diventare ingegnere come il padre; Lesighi, il pado– vano dalla dolce parlata; Tronti, il mattacchione; Meniconi, il romano bonario e scanzonato; Murrisi, il siciliano un po' orso, che arrota le erre; e via dicendo. Vittorio non è un modello, è un ragazzo : distratto e svogliato la sua parte, che all'occorrenza fa le sue marachelle, e dice anche qualche malignità e qualche bugia. Ma appunto per questo è da crf;)dere che molti, se non i più, fra i lettori del libro, ,si riconosceranno in lui, e impareranno, se Dio vuole, quello ch'egli impara: quando via via scopre Roma (Roma cattolica, e Roma italiana) ; quando a poco a poco, attraverso un succedersi d'incidenti minimi e tutti significativi, di visioni ora modeste ora grandiose ma che tutte gli s'imprimono nel– l'anima, egli apprende il gusto dell'ordine, della disciplina, dell'amore all'esistenza sana e aJla bontà illuminata e vigorosa,. Attraverso i riti augusti della fede e le vaste adunate della patria, le visite ai luoghi delle grandi memorie storiche e quelle aJle fucine dell'Italia nuova (le 81bhotecaGino Bianco

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