Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931

500 A. GEREMIOOA, Oommedia di maggio ghetto, chiusa in camera o scendendo nell'orto, ~ h?' due spine_al c~ore: una amara, una dolce. L'amara è una nipote, Silvia, che malmcomca e flebile .come un a solo di flauto, malaticcia e segretam<mte innamorata del cugino Astolfo, non esce mai di camera, nemmeno all'ora dei pasti, e piange solitaria con in braccio una bambola; la dol~e è il figlio, ?ico Astolfo, bellis,simo ,e fatale, come si può vEiderda un ritratto che lei, la madre, mostra a tutti. Lo mostra, questo ritratto, anche a Bruna che, va da sé -se ne innamora. A tale innamoramento concorrono da una ' M' parte le belle, seriche, fruscianti e fanta-siose v-esti di teatro che mna mostra all'ingenua, ma vispa fanciulla, e una (quella che lei mette nell_a parte di Giulietta) gliela fa un giorno anche indossare; e dall'altr a, 11 dramma, appunto, di Giulietta e Romeo (che dev'essere, accanto a.na Signora delle camelie, uno dei pochi cavalli di battaglia della compa– gnia), dramma che alla fanciulla dà a leggere il deluso Scandibbio, al– lietato dalla gaiezza birichina e dalla fresca giovinezza della ragazza. La quale naturalmente dimentica Erminio che, a sua volta, si mette a fare, non -senza impaccio e goffaggine, un po' di corte alla tenera e fatua Minna, finché all'arrivo del giovinotto fatale, Bruna è lì a mangiar-selo cogli occhi. Intanto, dopo una vivace discussione dei comici, ,Sc.andibbio rinuncia a fare il direttore, e decide (è un reduce di guerra, ha la pensione) di restare definitivamente a Belmonte. Ma, partita la compa– gnia per un paese vicino, Bruna di notte fugge di casa, cotta per l'arte e per il bell'Astolfo. Il padre andrà, a riprenderla, ma Rosalinda lo persuaderà a lasciarle la cara figliola ch'ella avvierà, pei sentieri fioriti dell'arte .... Maggio è passato, le ciliege -son finite; Erminio, e un g,io– vine di notaio che fa dei sonetti, inna,morato segretamente anche lui della fanciulla, non tarderanno a consolarsi, e Scandibbio, - già mezzo impa-rentato con uno del paese al quale ha fatto da compare in un battesimo, - finirà prima o poi i suoi gio,rni lassù, a BelmontEl. Qµesta è la trama del romanzo, che ci avrebbe guadagnato molto a essere una sia pur lunga novella. Poiché i molti episodi laterali che la rinlpolpano, e forse la gonfiano, pesl;!,noe sulla tenuità, della trama e sul tema poetico, ch'era, mi pare, quello di rappresenta,re, in un'atmo– sfera quasi di commedia musicale e amorosa, il sorgere d'un incanto sentimentale e d'un .seducente miraggio di vita nel cuore di una fan– ciulla; e nello stesso t_empodi rappresentare, per contrasto, il diisisolvel'si del medesimo miragg10 nel cuore di un uomo, di Scandibbio, anche lui una volta preso dall'illusione della vìta teatrale e ora deluso de' suoi effimeri splendori. Ma, sebbene in qua,lche -scena il Geremicca sia riu– scito a cogliere nel vivo e a rappresentare sensibilmente l'accendersi trepidante e felice di quell'incanto e miraggio (e indico la scena in cui Minna veste con l'abito di Giulietta la fanciulla e poi le dipinge gli occhi e le là'bbra, e la rapida scena in cui Bruna è baciata da Astolfo), non ha poi sviluppato in un séguito probante di situazioni questa parte del tema, con quel crescendo naturale che dovrebbe sollevar la ragazza a quel clima d'ebbrezza e spingerla alla- fuga; e in quanto all'altra, opposta,, la figura di iScandibbio esce dal romanzo scolorita, povera di quel complesso di nota.zioni in grigio che sarebbero statEi indispensabili a darle rilievo e pienezza. Fra le figure secondarie la più riuscita è certo BibliotecaGino Bianco I

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