Pègaso - anno III - n. 4 - aprile 1931
B. BARILLI, Il Paese' del melodramma 493 forma d'arte che fu il miracoloso frutto d'una realtà sognata o d'un sogno fatto realtà, e nella quale la felicità, di vivere, la felicità di amare parve, prima di morire, mandare un maHnconico riso: l'opera sette– centesca. Partito da Verdi, un poco alla volta, ecco dove arriva, e dove il desiderio suo si quieta: « a un'arte che porta così leggermente il segno della personalità e del genio ». Ma questa è cosa che piange perduta. Per sentirla vicina, per accostarla al suo cuore, per calarla nella sua passione, ecco arrivargli la voce di Bidù Sayao, che canta con voce ferita quella che fu melodia nata da un dolore senza rughe. Quella voce noi non la dimenticheremo più, e il cuore che dentro vi trabocca. Cosi forse avrebbe voluto che si fosse chiusa la carriera di Verdi, non col Falstaff, che egli chiamò protestante, ma col peso, solo alleggerito, della .S1Ua sofferenza. Non so. Ma la tormentata anima di Barilli forse non cerca che di toccare un simile porto, dove il male fosse un ricordo. Certo a me piace, in questo libro, cercare un avviso di quella calma: non lo « strabismo sonante» (o dissonante) ch'egli castiga in .Strauss, ma il « timbro pallido e tenero come l'argento» che .sentì nella voce della De Hidalgo, e che nella sua prosa, quand'è in istato di grazia, sa imitare. Quesito è il suo tono uguale, giusto; e il satanismo non è suo, e gli viene d'oltralpe, ed è lo stridore di malata superbia. GIUSEPPE DE RoBERTIS. MARIOGROMO, I b·ugiardi. Romanzo. - Mondadori, Milano, 1931. L. 12. I bugiardi che dànno il titolo a questo romanzo di Mario Gromo non sono (o almeno, non sono soltanto) bugiardi. di parola, che è la forma più corrente e comune della bugia; ma bugia,rdi con le azioni, con le abitudini, con la vita. Gente che vuol ,sembrare agli altri, e magari a sé stessa, diversa da quella che è: e .finge una ricchezza, che non. ha, un grado sociale che non è il suo, e ostenta. animo, ingegno e gusti che non sono né della sua origine né della sua natura,. Di gui quel « triste annaspare, quel voler parere, a ogni costo, sempre, invece di essere» ; quel continuo « tessere una tela mediocre, di ripiego in ripiego, di men– zogna in menzogna». Quando addirittura non cadono nella disonestà le– gale e nella rete del codice. Questi bugiardi della vita, p,iù comunemente noi li diciamo sposta.ti . Genìa che non fu mai scarsa ; e che negli anni dopo la guerra è s.tata , anzi (e forse è ancora), abbondantissima. I bu– giardi di Gromo non ci faranno dunque pensare né al classico « bugiardo» della commedia, né ai « caratteri » di bugia,rdo trattati dai moralisti ; il ricordo va piuttosto a quei romanzi di ambiente, o di società, o (per– sino) di categoria che furono di moda, trenta o quarant'anni fa, al tempo del naturalismo. E non è un ricordo necessariamente sgradito; buoni ro– manzi se ne leggeva allora come (forse più di rado) se ne leggono oggi; e non è proprio detto che oggi esista davvero quell'archetipo di romanzo, - il « romanzo moderno» delle polemiche, - dal quale non ci si possa scostare, penl:!,la scomunica. BibliotecaGino Bianco
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