Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

372 G. OrVININI, Odor d'erbe buone sotto una massa di capelli di rame; apre lo scialle, si stacca dal petto un rametto di cedrina, lo porge, si curva, ratta a .sfiorar con un baci~ il capino ricciuto, e torna in~ietro, sca~tona., dispare. ··: « A costo di sc11~– par la mia storia, devo dire la verità J>, conc~ud~ 11 narratore: « Ri– masi lì tutto stordito e commosso, ma non per 11ricordo dell'amichetto morto. È che quella sua mamma piena di brutti peccati era molto bella, molto bella>>. Così la grazia maliziosa può sposarsi alla commozione, e la « bontà delusa>> restar « sempre pronta>> a far l'incanto d'una prosa. PllllRO NARDI. DIDLFINO CINIDLLI, La carriera di Riccardo Bonomini. - L'Eroica, Mi– lano, 1930. L. 10. Questo è un libro fuori quadro : non è propriamente un romanzo o un racconto, per quanto vi si narrino le vicende; gli incontri e le avven– ture di un uomo tra gli uomini; non è propriamente una biografia, un ritratto o un carattere, benché molti capitoli del libro accennino e arieg– gino questi modi letterari. È un libro a sé. E sembra che, ,scrivendolo, Cinelli abbia, voluto rispondere o piuttosto smentirè in atto i suoi cri– tici. Nell'opera precedente di Cinelli i critici avevano facilmente scorti due motivi dominanti, due filoni. Un motivo naturalistico, agreste, istin– tivo, nutrito di passioni elementari, di fatti necessari, di logica certa; e faceva capo alla Trappola, e ora si può di11e,alla prima metà del rac– conto Cinquemila lire. C'era poi un altro filone, un altro Cinelli che sem– brava quasi l'ombm riflessa, la coscienza di quello: rifletteva, moraleg– giava, aspirava a dare un senso, una bellezza morale, o più propriamente diciamo una bontà a quella vita istintiva. E questo secondo Cinelli fece le sue prove migliori, accanto al primo, in Castiglion che Dio sol sa; lo ritroveremo poi nella seconda parte di Cinquemila lire. Ma in nessuno dei suoi libri, né in quelli né in altri, l'accordo tra i due motivi domi– nanti di Cinelli, parve veramente riuscire. Al Cinelli naturalistico e istintivo i critici fecero subito buon viso; il Cinelli riflessivo e morale li mise invece in sospetto. E non che gli negassero la ,sincerità, la volontà di bene, o come comunemente si dice, la buona fede. Tutt'altro. Ma la bontà di Cinelli sembrò appunto troppo disarmata, troppo candidai, e, diciamolo pure, un po' ingenua. Nessuno glie l'ha, detto tondo, ma molti leggendo i capitoli o le pagine del Cirielli morarle, devono aver pensato che il solo candore ammesso in letteratura è un candore riflesso, risul– tante dal contrasto e dall'annullarsi di molti neri; e che l'innocenza che conta non è quella prima, di natura e di nascita, ma la seconda ricon– quistata innocenza. Cinelli l'ha ,inteso questo sospetto dei ,suoi critici ? Non lo so. Certo ha risposto loro nel modo che per lui era il migliore. In Riccardo Bono– mini (una certa ingenuità simbolica sorride fin dal cognome) ha tratteg– giato il ritratto del suo uomo, anzi del suo « uomo buono>> del suo « puro di cuore>>. E sembra che, scrivendo, abbia voluto dire a critici e a lettori : ecco l'ideale ritratto di me. Ne è uscito un libretto singolare, assai più intimo e patetico che non BibliotecaGino Bianco

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