Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

G. CIVININI, Odor d'erbe buone 369 tornare con occhi smagati, d'uomini maturi, sull'ingenuità maliziosa e sull'aclcaparrante falsità dell'uno e dell'altro libro, per cavar dalle im– pressioni maliose avutene da ragazzi, il medesimo partito di malinconia e d'ironia. Motivo crepuscolare anche questo, non meno dell'altro, della sorte mancata, della vita non vissuta. E gli si sposa pur quello, - cosi caro all'autor de' Colloqui e di Verso la cuna del mondo, - dell'eso– tismo ingannatore. In Odor d'erbe buone, lo trovate, in tutto il suo sviluppo, sotto il titolo La 1nia prima palma. Ma leggiamo Verso la cuna del mondo: l'autore çi narra dal vero il viaggio da lui cominciato tante volte in immaginazione, con la matita, sull'atlante aperto fra il banco e le ginocchia. Morale? « Il viaggio sull'atlante mi pare la realtà viva, e pallida fantasia mi ·sembra questo cielo e questo mare .... ». A Oivinini, il mal dell'esotismo lo dava una palma, unico esemplare, ascen– dente, snella snella, da un veochio giardino di cui egli, - bimbo un po' pallido e con due occhi tra svagati e curiosi, - vedeva, dalle finestre della sua casa, solo un angolo pieno di cocci e di ortiche. Bel mirarla, quella palma, cosi chiusa « fra i tegoli rugginosi, dai quali allungava fuori il collo rugoso a guardare lontano, di là dalle case, verso l'oriz– zonte su cui campeggiavano libere le nuvole». Sogna e sogna, desidera e desidera, quel bimbo, fatto uomo, l'uomo dei vagabondaggi e delle soste di cui restano i primi documenti preziosi nel volume Giorni del mondo di prinia, ne aveva poi viste dell!'l palme, in terra d'oltremare! « Per ora m'interesso anc6ra di queste cose», diceva in uno di quei do– cumenti, arrivando in Portogallo. E adesso doveva nascerne questo libro di ripiegamento, di nostalgia e di ritorno, come se la felicità non fosse stata, per l'autore, che quella intravista dalle finestre della « sua grigia e cara casa grossetana», al tempo in cui gli eran strumento di gioco i vecchi schioppi garibaldini, e compagne di fantasticheria le incisioni d'acciaio e, più tardi, le parole degli immancabili testi messi a far da sopramobili nel « salotto buono ii, tra le conchiglie dalla gola carnicina. « in cui si sentiva il mare ii e i canarini d'alabastro « in piedi sul fico brogiotto ii. Anche le buone cose di pessimo gusto, dunque? Si, anche le buone cose di pessimo gusto. Ma non a mo' di notazioni suggestive, soltanto, come in Gozzano, e nei Sentieri e le nuvole (la vecchia pendola di similoro, i fiori finti sulla credenza, le cornicette fatte a traforo). Ecco, I sentieri e le nuvole davano meno il senso di una realtà tutta intuita e patita da lui, Civinini. Avevano delle civetterie (di far rimare, per esempio, « Nettuno ii con « 1831 ii, o di far luogo nel verso ai « 4 bis J> e ai « pocket Kodak), alle quali indulgevano anche Gozzano e, forse più jl,nc6ra, Moretti. Le memorie che vi rivivevano, - perché erano an– ch'esse, come in Odo1· rl'erbe b1wne, quasi solo memorie, - mostravano un volto effettivo, si, e dotato di grazie naturali, ma non soevro di qualche ritocco, che lo mettesse in regola con la moda. E poi c'era un abbandono, non si capiva bene se alla vena del canto o del sentimento, 24. - Pè!J!lSO. BibliotecaGino Bianco

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