Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

368 F. PAST0N0HI, I Versetti certi rii vivi, d'argento, che mettono un'allegra fame: fischi sul tuo pan contento. Altre ore come sospese in un silenzio stupito, estatiche, senza più attese. Temi di turbare un rito, gli spari son quasi un'offesa. Nubi posate sl1i colli in giro come un bucato: si levano voli molli da l'albero desolato, solo che una foglia crolli. E un sogno il mondo ti pare .... Nessuno, ormai spero, s,i meraviglierà se io dico che questo libro mi ha cagionato un caro senso di stupore. E speriamo che esso sia solo l'inizio (tutti i mira;coli sono possibili) di tutta un'opera d'a,rte più umana e profonda. Il libro, - anche questo bisogna dire, - è anche un interessante se,gno dei tempi. In esso il poeta ha voluto e saputo creare il mito della donna moderna (Gioielli, Fiore ir,, un bar, Forse Dea). Ma per mio gusto non sono queste le cose più belle, sebbene anche in esse, come in Luci, e più in Aragosta in vetrina, il poeta. riesca a, mostrare intera la sua perizia e la sua bravura. Ma un poeta come quest'ultimo Pastonchi è tale che può misurarsi in imprese meno parventi, ma di qua-nto più vero valore! VLADIMIRO ARANGIO-Rmz. GUELFOO1vrnrn1, Odor d'erbe buone. - Mondadori, Milano, 1931. L. 8. Il lettore ùi Pègaso Io sa: I sentieri e ie nu'/Jole di Guelfo Oivinini me li ha fatti tirar giù dalla libreria, con a.ltr~ raocolte di vel'si, l'ultimo volume di Fausto Marria Martini, Si sbarca a New York. Erano anc6ra sul mio tavolo, quando vi è capitato questo nuovo libro del loro autore, Odor d'erbe buone. Scrivendo, - appunto a proposito dell'opera del Martini, - dei crepuscolari, citavo, come loro ascendenti, D'Annunzio e Pascoli, e Mal– larmé e Rodenbach e Laforgue. Con riguardo particolare ai Sentieri e lo nuvole, dovrei insistere sulla parentela, - per comunanza d'origini, - con la produzione di Guido Gozzano. Questa parentela è spiccatissima anche in Odor d'erbe buone. V'han capitoli, La sorte che non ebbi o Bisogno d'una sorella, cui potreste dare per motto questo verso dei Col- . loqui: « Ed io non voglio più essere io»; o quest'altro: « E visse quella vita che non vissi». Nei Colloqui, un'interpretazione lirica del romanzo di Bernardin de Saint-Pierref dai Gozzano intitolata senz'altro Paolo e Virginia, e, in queste prose di Civinini, un Viaggio sul Meschacebé, a commento d'altro romanzo di quel gusto e di quell'epoca, l'Atala dello Ohateaubriand, mostrano in poeta e prosatore la stessa disposizione a BibliotecaGino Bìanco

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