Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
F. PASTONOHI, I Versetti 367 Ì1' l'artificio deve, come appunto diceva quel maestro dei maestri che è Leopardi, essere così grande da non apparire; la scaltrezza ci dev'essère, ma dev'e,ssere così scaltra, che non sembri più scaltrezza. Così nella vita è scaltrezza a volte essere tortuosi e reticenti, ma è scaltrezza anche dire a, volte impudentemente la verità (e l'uomo furbo, l'uomo che ' conosce bene « questa parte» del mondo, sa bene adoperare e nascondere e dosare, secondo le contingenze, quella tremenda cosa che è la verità). Né basta: l'artificio ci deve essere, non può non esserci, ma dev'es– sere unito alla, serietà, come il fiore della serietà. La poesia è gioco, sì, aereo gioco, fatto di nulla, fatto di parolette, di quelle parolette, in quel modo e non in un altro disposte. Ma è anche serietà, è anche .uma– nità. E chi sa perché e come accade -che solo i grandi uomini riescano a essere anche grandi artisti ? e soltanto essi, che sono solo serietà e devo– zione, conoscano veramente tutte le regole del giuoco ? - Poesia è gioco, ma è serietà, è «letteratura» e umanità. È dolore, se è dolore l'essenza più vera, più profonda dell'umanità: ché certa gioia, gioia non a fior di labbro, è assai vicina al dolore. Ora il progresso che Pastonchi ha compiuto dalle sue anteriori rac·– colte a, questi Versetti non è di tecnica, si comprende, né di arte poetica, ma proprio di umanità. O forse, perché è stato progresso di umanità, è stato anche progresso di tecnica, e conoscenza più profonda, più scaltra delle regole del giuoco : ché solo qua.udo -si ha veramente qualcosa da dire, si trova,no, si scoprono i modi più belli e più nuovi per manifestarlo. Un velo di malinconia vela finalmente i vitrei occhi del poeta: l'uomo di mondo s'è fatto uomo. Ohe cosa è avvenuto io non so, ma qualcosa •è avvenuto, se qui c'è una nuova serietà: c'è un Pai,tonchi pensoso; come i.mo che a-bbia sen– tito il vuoto che è in fondo all{l « vane cose», che senta con nuova ansia fuggire l' « irreparabile tempus ». Certo è che una cordiale umana sim– patia lo fa volgere verso le cose. E le cose, solo per ciò gli si dànno, gli mostrano la loro vera faccia: ché. anche solo vedere non è concesso se non a chi ha purezza di cuore e serietà e amore. Da questo nuovo at– teggiamento son nati i più belli di questi Versetti, quelli raccolti sotto un nome caro al poeta, Gli approdi, in cui il Pastonchi ci dà intera la misura della sua forza, e la sua maestria ci appare appieno giustificata: Primavera viene, col suo dolcissimo ritornello, che si conclude con dei 'versi davvero stupendi, Messa prima, Elevazione, ,in cui il poeta è riu– scito ad esprimere quell'ineffabile ansia (gioia o tormento?) che s'impa– dronisce di noi di fronte a certe immacolate serenità della natura: qui, a un tramonto in mont!'-1,gna,dopo una giornata di vento, quando l'atmo– sfera acquista come una magica trasparenza. Alla stessa altezza sono anche le strofe del Cacciatore, in cui il paesaggio reale si muta in pae– saggio cli sogno: mondo magico, arcano, trasformato dalla nostra più segreta, più umana pena. Certe arie nette cli vento che conti tutte le rame, BibliotecaGino Bianco
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