Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931
366 fi'. p .A.S'.l'ONOHI, I Versetti mente era suocesso che di fronte alla cosi detta poesia di ieri e di oggi io rimanessi - è la parola, - come up tonto, incapace di trovare, per quanto mi glrassi e rigirassi, anche solo la posizione in cui mettermi per leggerla e per capire, non dico altro, l'intenzione dello scrittore. Qui finalme~te ho trovato una fonte, una piccola ma fr~sca fonte a cui dis– setarmi. E le poesie che compongono questo nitido volume sono così perfette, çosì finite, che certo rimarranno : che ti restano infatti nel– l'oreochio e nel cuore, ti s'imprimono nella memoria. È poesia così com– piuta, come sempre dovrebbe essere quella che il poeta allontana da sé e manda sola a trovarsi il suo posto nel mondo, che può vivere da sé, può farsi e si fa strada da sé. E dico la ver_ità (« sì rade volte, padre, se ne coglie», che io non so per quale ragione dovrei misurare avaramente la, lode), era un pezzo che da noi non si pubblicava un libro di poesia come questa, così netta, intendo, così staccata. Di poesia che dice e si na– sconde, si sìVela,e si vela, fatta di forza e di leggiadria, piena éLi « cal– liditas » e di trovate (in Arniche, le due giovani donne troppo amiche, che il poeta incontra di mattina, che trovata è quel« le lor fatue spese», quel « vogliono .... ridersi le lor-parolette>>! Con che arguta leggerezza è adattato a quelle vaghe inconsistenti donnette il dantesco « le sorrise parolette brevi»!), - che non si fa banditrioe di nessuna nuova arte poetica, ma di quell'antica e moderna arte poetica, che comanda soltanto di far poesia, comunque -si faccia, purché a farla si riesca. Per rispondere poi a quella domanda che mi facevo, dirò che poe– sia è sempre ingenuità e scaltrezza, giovinezza insieme e veochiezza. Sempre serietà e sempre gioco; naturalezza e artificio. Giovinezza: intuizione, ispirazione, dite pure come volete; e intelletto, esperienza, consumata esperienza, vigile a no:t;1 sciupare l'intuizione, a analizzarla, a distendere l'intuizione che è come un groppo: a disporre le paro– lette, quelle certe pai:olette, che è così difficile cercare, a disporle sulla carta, tentando e ritentando. Ingenuità e scaltrezza non possono man– care ma.i nella poesia, in nessuna poesia. Le differenze sono date solo dal rapporto fra i due elementi. Anche in Pianto antico (non è vero che que.sti Versetti non si facciano banditori di nessun'arte poetica. Si fanno banditori invece di una nuova - o antica ? - arte poetica: che, per far presto, si potrebbe- formulare nella domanda: - Pianto antico non ,è la più bella poesia di Carducci ? non è la, più bella, non si dice di fronte a Piemonte o alle Fonti del Clitumno, ma anche di fronte a Davanti San Guido?). Anche in Pianto antico, cbe è così ,semplice e nuda e casta artificio c'è, e come c'è: pensate a quella « terra negra» che rima co~ « rallegra» ; dopo le due prime strofette sul melograno e ,sui suoi « ver– migli fior», pensate a quella mirabile ripresa: Tu fior de la mia pianta percossa e inaridita, tu de l'inutil vita estremo, unico fior. Artificio c'è, - se ce n'è! - anche in A Silma di Leopardi, perfino negli abissali versi A se stesso. Ed è inutile dire che naturalmente tutto un mirabile gioco sono il Sabato del villaggio e la Quiete dopo la tempesta. BibliotecaGino Bianco
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