Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

350 O. Pellizzi dubbio troverai di pessimo gusto queste mie riflessioni. Esse ti fanno pensare a,o·liannunci matrimoniali, a,1 ménage, alle doglie del parto, ai bambini che si bagnano addosso. Tu sei nella fase estetica dell'amore: una sete vasta, epica, tutta soggettiva, che di tratto in tratto si rompe in episodi drammatici. _ Ecco, e tu sei, in questo momento, il perfetto filosofo : ossia un uomo che parla, con molta intelligenza, di cose che non conosce. Perché Charma non è e non sarà necessi:i,riamente la mia, amante, la mia donna, la madre dei miei fig-li. Noi parliamo di due cose diverse. L'amore di cui tu parli è un concetto, è una deduzione o un'induzione; ma, il senso che io provo è tutt'altro. Esso non intende a nulla che sia definibile, e non può essere frustrato perché non può essere soddisfatto. Non è un desiderio, non è in alcun modo un'intenzione. Io capisco la paternità, io amo i bambini. Ma cono:-:co ben altre donne, delle quali mi onorerei e mi rallegrerei .assai più, se una di loro accettasse cli divenire la madre dei miei figli.... E non escludo che questa possa essere un giorno la cura della mia malattia. - Malattia, dunque; forma patologica, eccezionale? - Si, e adesso ti spiego. Una malattia .... a rovescio. Immagina tu cosa deve provare un uomo, che era ossesso, ma poi hai ricevuto il miracolo e ora è sano. Ebbene, io sono nello stato contrario: di un uomo che era sano, ha ricevuto un miracolo, e ora è ossesso. Un miracolo vero, positivo; non so se divino o diabolico. Un miracolo creativo. E se tu mi dici che il miracolo è sempre buon.o e divino, allora vuol dire che questa è l'altra faccia del miracolo, la stessa cosa ma alla rovescia. Una cosa sorta dal nulla, dentro a me; senza ragione scopribile, senza una possibile causa naturale, senza una intenzione e ,senza uno scopo che si possano intuire nemmeno vagamente. Qualcosa che è nato dentro a me, e da un profondo più interno a me di me stesso ; ed è ; è come è la Via Lattea, è come è la nostra amicizia .... È, in somma; non quadra con niente altro di ciò che •è, non quadra con nessun pensiero formato e formabile, non si rassomiglia a nessuna emozione o passione conosciuta prima; bensì mette un supremo disordine in tutte queste cose; e dentro quel disordine forma un suo ordine pa.radossale, assurdo, che a me tuttavia sembra perfetto e completo, ai patto soltanto che io ci viva dentro senza preten– dere di ragionarlo o di descriverlo .... Ora, mio caro, qui sorge la do– manda seria: che cosa, deve fa.re, Un U9mo? - Mi sembra che un uo mo, i n queste circostanze, debba fare ciò che fai tu, ossia vivere fino in fondo questa esperienza, che non potrebbe, d'altronde, non vivere: Forse non gioverebbe neppure tentare un diver– sivo: dedicarsi agli scacchi, al canottaggio, all'aviazione .... - Fuggire, in somma ? Giammai! Un Uomo non fugge. - Tu dici Un Uomo, con intenzione ~ solennità. Io dico: un uomo, senza intenzione e senza solennità. Credi a me, che Un Uomo, e un uomo, ai fini del nostro discorso, sono esattamente la stessa cosa. - Può darsi. Ma l'amor folle è dei disgraziati; è il via,tico dei falliti e dei rinunciatari. J/uomo che è padrone della propria vita deve essere anche padrone, ragionevolmente, dei propri affetti. Deve raggiun– gere un'armonia. Se questo mio affetto, come pare, ha una radice ses- BibliotecaGino Bianco

RkJQdWJsaXNoZXIy