Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

Settimanali 345 E s'ha da leggere_ il viaggio dii nozze. « Si ripartì per Genova dove ricordo che mi piacque tanto un cimitero che mi sembrava, un museo : ebbi l'impressione che a, Genova ogni morto avesse la, sua statua .... A Torino vidi anche una cupola alta fino al cielo, che finisce come un a,go.... A Venezia vidi un altro mondo. Tutto era nell'acqua,: i palazzi, le chiese; non c'erano strade e ·si viaggiava sempre nell'acqua. Anche l'ortolano porta la, yerdura in gondola, così si chiamano le barche di laggiù i>. E mai si dimentica, di Firenze, 0entro, del suo mondo. Quando andò col marito e i bambini fino in Romania a cercare lavoro e a Fiume il marito si bisticciò con dei tedeschi, ai popolani che facevano ressa intorno, « io dicevo che ero di Firenze, che stavo alla, Fiilarocca .... ». Ogni jngenuità in questo libro leale ha, la forza della sin~erità, e ,si ripensa con un sorriso alla moda, che venne tra alcuni letterati, su– bito dopo lo &tupore e il terremoto della, guerra, di pa,rgoleggiare, o pascoleggiare che dir si voglia, e di forzarsi a guardare o giudicare il mondo con occhi e mente di fanciulli, travisando il veochio detto, esser proprio del poeta trattare le cose più viete come se le vedesse per la prima, volta. Tutto s'imita, meno il candore. Insomma questo libretto dovrebbe essere meditato da noi che si scrive, ma per una ragione prima, di morale che cl' arte, d' acconten– tarsi cioè d'essere noi stessi: che è certo, a un'illetterata, più facile che a un letterato, e a un popolano più che a un professore, e a, Ida Delcroix più che a tutta la lattante discendenza di Giovanni Pascoli o di Franc:i,s J ammes. La modestia dei restauratori. 8 febbraio. Alceo Dossena, scultore multanime, è un innocente al confronto dei periitissimi restauratori che adesso s'affaticano a spie– gare ai cronisti come e quando hanno essi dipinto o ridipinto il busto d'un ,santo monaco attribuito da illustri conoscitori ad Antonello e com– prato a Milano dal signor Oambo dli Barcellona. Quello gli ha rifatto le vesti, quello la, fronte, quello gli occhi, e col preciso proposito cli ingannare, tanto che, se 'le cose stessero come costoro dicono, bisogne– rebbe sfogliare non lai storia dell'arte ma il codice penale per com– mentare adeguatamente tanti meriti. Non si tratta infatti dell'esercizio scolastico di studio e copia con cui un giovane allievo d'Accademia cerca d'imparare da Antonello o da Piero, da Masaccio o da Raffaello,. come si djsegna, si modella e sri ddpinge. Si. tratta di dare a una vecchia crosta l'appaI!enza d'un capolavoro perché quel ,che vale mille si possa 'vendere per un milione: differenza, novecentonovantanove mila lire, superiore cioè alla differep.za tra quel che costa di lavoro un falso bi– glietto di -banca da cinquanta o da cento e quel che si può ottenere facendolo passare per vero. Ma chi s'occupa di questi-clandestini eser– cfai monetari è modesto più della violetta e rifiuta, finché può, di dire anche il proprio nome. Per un: quadro è un'altra cosa. Il quadro è un'opera d'arte, e in Italia, dicono, la bellezza è più potente d'ogni mo- BibliotecaGino Bianco

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