Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

SETTIMANALI. La madre di Delcroix. 1 febbraio. Avessli.mo voglia oggi rn Italia di ricominciare la di– sputa sulla lingua, ecco un libro che darebbe argomenti per un anno. Il libro. è della signora. Ida Corbi Delcroix ed è intitolato Ricordi di una mamma. In quel « mamma» è già un tanto di patetico che inganna: se anche il titolo l'avesse dettato la ·signora Ida, credo che semplice– mente avrebbe detto madre. Carlo Delcroix m'avverte che sua madre ha dettato questo libro non sapendo ,scrivere. Poiché è scritto esem– plarmente, la controversa equazione tra lingua scritta e lingua parlata anc6ra una volta è stata risolta a Firenze, e non da un letterato, con un candore cioè inimitabile. Il primo confronto infatti che viene alla mente è con le lettere d'un'altra fiorentina, di cinque secoli fa, Ales– sandra Macinghi .Strozzi : la stessa virile ser,enità anche nel dolo,re, la stessa aderenza, parole 'e sentimenti, ai fatti concreti, la stessa fede in Dio, la stessa vita così chiusa nel cerchio della famiglia che anche i eatacHsmi e la, guerra in tanto colpiscono queste alacri dono!; li.n quanto colpiscono i loro figli ed averi, altrimentli. sarebbero romori lontani o brevi spaventi. Lingua toscana, anzi_ fiorentina, coi suoi dia– lettismi più icastici; ma anche animo di fiorentina che ha quasi il· pudore del pianto e sulle sue pene trascorre con parole poche e :;;col– pite, tanto che si sappia il perché del male ma da noi, se s'ha cuore 1 s'immagini il suo patire. Nell'ora stessa in cui ,su al fronte un proiet– tile le dilaniò e accecò il suo ((figliolo più fiero.... ero alla conca a la-. vare e tutto a un tratto io mi sento e.osi, che non potevo più lavare. Allora prendo la seggiolìna e vado fuori di casa a sedere sotto· un al– bero del viale e mi sentii una grande agitazione. Non so quello che provavo; ebbi soltanto n fiato di portarmi dietro questa seggioLiria e fui costretta a mettermi a sedere e a rimaner ferma. Ero sola, ma se anche ci fosse stata gente, -sarei ,stata ,sola lo stesso, perché non vedevo nessuno>>. Partono pel Cadore, giungono all'ospedale di Caprile: ((Ora lo avevo dav~nti a me tutto in fasde, come quando l'avevo al petto>>. Il co:r,so della vita che in quello schianto pareva sospeso come il mondo s~mbra, abolito dal fragore e dalla fiammata del fulmine, pian piano riprende. Le è nata da poco una bella nipotina. ((E venuta dopo nove nipoti che sono tutti dei bei ragazzi, ma più degli altri mli ha colpito per gli occhi e per la fronte : la fronte del mio figliolo, eh~ la rammen– tano sempre anche sui giornali da quanto è bella». BibliotecaGino Bianco

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