Pègaso - anno III - n. 3 - marzo 1931

La figlioccia 339 casa. O forse era il ricordo dei fratelli piccoli che le faceva, cosi 1tenere quelle perpetue, •O quel seinso materno latente in tutte le don[le; o chi sa quale rimpianto, o quale pietà, o quale Bogno a,ffio– rava nel cuore delle due creature in questo giomo di maggio. Ed il ragazzo si viziò subito, mangiò senza pane la pietanza. Bevve il vino smoderatamente, ne richiese dell'altro. E le due mamme, a ridere oome di prodezze superiori alla sua -età. A ridere, e a cocco1arlo, e a farlo bere fim.oa che cominciò a girargli la testa un po' brilla. Allora, gli si sciolse l o scilililguagnolo al ra-gazzo. Raccontò le cose di casa sua alle perpetue che erano curiose di sapere ed ascoltavano senza perdere sillaba. Il racconto procedeva disordi[latamente, tra le mattìe del ragazzo, che aveva preso c,o[lfidenza. E nel racconto rientmrono le vacche di Faraone e il deserto ; ed anche la fame; ché al ragazzo, pareva bello ed eroico ricordare la fame, adesso a pancia più che pieina-. Il tricomo del cappellano passò sulla test·a del ragazzo ; la per– petua giovane levò gli occhiali al fratello ed infilò le stanghette dietro gli orecchi del ragazzo, che così ri'dotto era buffo come un mascherotto di calinevale. Anche il cappellano rideva a vedere quel bimbetto mascherato da prete, andare di qua e di là, tootenno[le per la cucilila, a fare la parte di vecchio, oon le lenti sul naso, oome se rappresentasse una commedia buffa, in teatro. A traverso gli occhiali, il bimbo vedeva le cose appalilnate rimpic– ciolite, senza ooliltor,ni, e tutto gli si moveva come i[l una nebbia. Il ragazzo tootava di trovare il giusto fuoco guardando al di sopra del cerchio degli occhiali, e sforzava le luminelle che cerca– vano invano la diritta via forando le spesse lenti. Il giuoco di questi occhiali anticipò il capogiro, che sarebbe venuto lo stesso da sé, ed il ragazzo si fece bianco : un tremito forte lo soosse e si travagliò fra le braccia delle perpetue che gli reggeva1110 la fro[lte. Gli solle– ticavan,o la garganella perché più facilmente si sbarazzasse . del troppo vino bevuto. Ora il ragazzo stava sulle ginocchia della perpetua più giovane, · che si -era posta a sedere. E siccome il convulso tr·avaglio gli aveva fiaccato l'energia e appariva stanco con gli occhi semiaperti, la perpetua oominciò a tentoonare la sedia perché si addormentasse 00[1 il sapore della ninlila-nanna. E se IIlon levò la voce del canto, la perpetua più giov·ane, fu perché la timidezza la vinse. L'altra per– petua socchiuse la finestra da cui veniva il sole addosso al ragazzo, e diceva: - Portiamolo a letto .... portiamolo a letto. Il cappellano racoolse il tricorno e le lenti che erano caduti in terra. E camminava in punta di piedi per [lOn destare il ragazzo appisolato. BibliotecaGino Bianco

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