Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931
I capricci dell'Adriana 183 che l'avevano sorpresa e allietata con la loro im.solita presenza, quella speranza di qualche ora tra;nquilla e gioconda, lllOnerano più che un'ingenua fantasia, alla quale si ripensava meravigliati di avel'ci creduto. Allora la mente le riandò agli amici che aveva fug– giti con accorato rimpianto. E s'andava immaginando cosa potesser fare in quell'orn e i lor discorsi. Se ne stavano in quell'istante costoro nella gran sala dell'Albergo di Francia im Lucca, e banchettavano allegramente. Avevano in– nanzi cibi 'prelibati in porcellane fini, e nei cristalli tersi brillava di quel vino che vim.ceva con la sua. fragranza il profumo delle vi– vamde, e i cervelli ille erano soavemente offuscati. Chi parlava era quel grasso. Levava egli il bicchiere a un piatto di pernici con tar– tufi che un servo galloillato recava, trolllfio a due mani, indi strin– geva il braccio al barone Berrnabei che sedeva alla sua sinistra, e si ,chinava a destra verso la baronessa collli;,ortee raccontava a alta voce di un suo zio canoillico morto in tarda età d'indigestione per aver mangiato troppa pemice coi tartufi, e nelle sue parole quella morte doventava gloriosa. Ma nessuno gli badava. La baronessa 1I1e aveva abbastanza di quel marchese maligno e libertim.o che le stava all'altro lato e le faceva una corte spietata narrandole di un neo, un famosissimo illeo, e taceva del luogo, di una sua amica, una sua vecchia amica romama, e poco si curava delle dolci occhiate che sua moglie, seduta dirimpetto, lanciava al Mercatim.i il quale, poveretto, cercava di sottra,rvisi conversailldo fitto in lingua barbara con i due stranieri, che rispondevano ad ogni battuta esaurit>,.ntemente, con sottigliezza, pur i ngoia,nd o a quattro palmenti. Indispettita la mar– chesa tossiva, si mira.va allo specchio, si volgeva agra a un suo vicino paziente. Il Bama,bei intanto, capitato accosto a una bellezza ,pisaina, se la guardava con occhi golosi, e stirandosi sul craJUio lu– cido gli scarsi peli, si chinava all'orecchio del grassone, gli sus– surrava Uill: - mi trovo al settimo cielo, mio caro, - con voce pa– stosa. Lo trascurava però la pisana manifestamente, legata in lieto conversare a chi le sedeva a simistra: un bel giovane bruno, un ufficiale. Diceva il grassone: - queste belle e nobili dame ci rendon giovaa1i, noi vecchi, - e batteva spietato sulla spalla del Bamabei, scoofitto e avvilito. A lui, come al più facile a scoprirsi,· chiedeva sorridente la pisana : - Ditemi dunque, l' Adri&na e il conte com'è che ci hanillo traditi? - Signora bella, - rispondeva il grassone, - signora bella, vorrei raccontare per contentarvi, ma c'è il marchese che ille sa più di me. - Il marchese sa tutto, ma è un uomo segreto, - diceva l'uflì– ziale, e ci rideva come per una frase spiritosa. BibliotecaGino Bianco
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