Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931
I capricci dell'Adriana 175 zicano gradevolmenk l'amor proprio, né fra le due è facile risolvere quale r-echi la palma. Avrebbe perdonato al conte di non saperla comprendere, cioè a dire indovi1nare, prevenire, sopportare, assecon– dare le sue bizzarrie, avrebbe perdonato al grassone e al marchese le loro malignità (eran vere, dopo tutto, salvo .quel disgraziato com– puto degli anni, e infine, salvare le apparenze, lllon vuole poi dire far sì che non ti spifferino sul viso quello che ti sussurrano dietro le spalle?), avrebbe perdo1I1atoal Mercati,ni quel suo entusiasmo troppo aperto che, chi l'avrebbe detto in un giovine tanto chiuso e riser– vato! Provò anche una certa tenerezza pensando alla Maria, studiò un regalo per lei. Così, schivamdo il sole per quanto le era possibile, se JI1e venne all'irngresso del paese. Quivi la strada si allargava a formare una piazzetta che i muri di un orto limitavano, di fronte a tre o quattro case basse di misere– vole aspetto. Una fontanella, ricavata entro un vano di quel muro, buttava di continuo, e il cadere monotono dell' acqua nella vasca dava malinconia a quel luogo assolato e deserto. L'Adriana attra– versò fa piazza, bevve avidamente alla fontana. Ristorata che fu, imboccò la via stretta e tortuosa e senza incontrare anima viva sboccò dopo breve cammino davrunti alla chiesa. Il sagrato di mat– toni a spina di pesce, che sconnesso in più luoghi lasciava crescere un'erba rigogliosa, metteva sotto un portico a tre archi. L'Adriana si diresse a quella volta. Sul muro ai lati dell'ingresso, in doppia fila, delle pietre tombali rammentavano i morti. Una era ancor fre– sca; sotto un mazzo di rose intrecciato a una croce si leggeva: Faustino Chiari di anwi tre - Nunzia e Fortiinato Chiari quivi deposero il loro angioletto. Quamto era triste quella tomba di bimbo, come faceva sostare e piegare la fronte. - È morto senza avere sof– ferto, - si disse l'Adriana, ed è quanto si suol dire in casi simili, e pensò alla felicità di quell'anima sottratta così per tempo ai fa– stidi del mondo. Preparata, a un sentimento pio, spilllse il battente e varcò la soglia. La, chiesa a Ullla,sola lllavata noo era grande, ma le pareti disadorne la facevano più vasta. La luce del mezzodì en– trava senza timore dai finestr-0ni spalaincati, e dall'occhio del coro passava un raggio di sole disegnando davanti all'abside, sul pavi– mento r-oso, Uiil cimolo d'oro. Una balaustra di legmo separava l'altar maggiore dagli altari laterali, che eram.due, posti in due nicchie; la pietà d'ei fedeli li aveva ornati. di fiori di carta dai colori vivaci e urn lumicino a olio bruciava invisibile davanti ai tabernacoli. In quella luce chi pregava era a tu per tu coi suoi Santi, che dai lor quadri di non ingrata fattura, guardavam.o il cielo coi grandi occhi sofferenti. La chiesa era vuota; l' Adriama si segnò ·devotamente, raggiunse la balaustra, s'inginocchiò davanti al Crocefisso e pregò. Disse quella preghiera con la quale incominciava le sue orazioni e che le veniva sp-0ntamea alle labbra, tutta per sé, per i suoi peccati,
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