Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931
I capricci d,ell'Adriana 173 cosa con l'argine. L'Adriana sostò al riparo di un. po' d'ombra, guardò a lU[lgo quel panorama che le era noto, ma di cui adesso scopriva nuovi aspetti, più mirnuti particolari, e che le appariva meno superbo è vero, ma più umano. Si udivano mille rumori giun– gere dalle case e suono di voci; dei ragazzi grid'avano giuocando in un prato; uno si mise a singhiozzare, disperato. P.oi, molto più da vicino, di dietro quel fitto che la difendeva dal sole, arrivò uno star– nazzare d'ali, un pigolio, il ca~1tostrozzato di un galletto. L'Adriana scostò le bramche, si sporse, spiò tra il fogliame. Vide un viale pas– sare lì l)I'esso, fiancheggiato di giovani lauri, vide a cinquanta passi circa, dove il viale finiva, aprirsi un'aia cla.varntialla casa rustica. Dei polli scorazzavano leticandosi il becchime, una ragazzetta se– duta sull'uscio dava la pappa a un bimbo. Quamd'ecco a metà del viale un giovame contadino sbucò con la zappa sulle spalle e s'avviò verso la casa; un cane gli andava dietro, dondolandosi. - To', Fido, - disse il giovamotto, e schioccò le dita che il cane corse a leccare. Scomparver,o entrambi alla svolta dell'aia. L'Adriana la– sciò le bramche richiudersi e nasconderle la scena, fece quei pochi passi che la separavano dalla strada maestra, e si diresse risoluta verso il pae8e. Le case allineate contro il fiume, pescandovi c001 solidi mura– glioni, parevano sorgere dall'acque, e nella stagione delle piogge le finestrelle dei piani inferiori dovevano sfiorare la corrente. Gli orti anch'essi scoodevano a raso, ricchi d'olivi che in quell'acque spec– chiavano le folte chiome incipriate, e qualcurno, nato sbile.nco sulla ripa, giungeva a bagnarvele, segnamdo di un breve ingorgo la pla– cida cori-a. Due chiatte erano ormeggiate a una corta banchina ar– mata di travi fradicie; giungeva il battere e il soffregar dei panni al lavatoio, e il cicaleccio delle lavand'aie nasèoste entro una piccola cala. L'Adriana non era ancora arrivata alle prime case del paese che un rumore lontano la indusse a voltarsi. Scorse qualcosa venire a gran carriera sollevando un denso polverone, udì schioccare di fruste, fece appena in tempo a scendere il fossato, varcarlo e ap– piattarsi dietro un basso muro, che tutto quell'indistinto rovinio doventò visibile, le fu addosso, passò oltre e scomparve, salutato dall'abbaiare dei cani e dallo sbattere degli usci e delle imposte spa– lamcati dalla gente accorsa a vedere. Erano i suoi compagni di lo– canda che certamente l'avevano attesa e ricercata, e s'eran poi de– cisi a partire. Tootavano adesso di riguadag,nare il tempo perduto lanciando le bestie i!Ilquella corsa rovinosa. Passò la berlina, passò la carrozza, passarono i cavalieri, che in parte precedevano, in parte seguivano i legni. La cantante, sporgendosi di quel tanto ne– cessario a yedere, scorse il Mercatini avanzare gli altri a grainde an– datura simile a· un battistrada, scorse il marchese cavalcare sorri– dente a una ,p-0rtiera della berlina, scorse da quella del secondo legno "blioteca Gino Bianco
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