Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931
I capricci dell'Adriana 171 pur camminando guardava lo scintillare dell'acciaio nudo, quando, liberatosi dalla zolla, la batteva e ribatteva col suo rovescio per frantumarla. Il sole già alto i!Ilvestiva ogni pendice, l'ombre erano ancor piene, ma già perdevano le sfumature rossastre dell'alba e il loro disegno sull'erba si sfra,ngiava incerto in zone d'i mezza luce. Si udiva, fitto il ronzio degli insetti raccolti sotto gli alberi, che l'agitarsi di un qualcosa vicino smuoveva a folate, e le lucertole attraversando Ì!Ilnanzi ai passi del virundante, si fermavamo 1ID at– timo sulle prode prima di sparire col loro frusciare spezzato. L'Adriana sollevò lo scial1etto dal1e spalle e se lo posò sui ca– pelli. Così incappucciata vide la propria ombra strama, monacale, allungarsi obliqua sul terreno, e le parve un giuoco, un giuoco Ì!Il– famtile che anche i gramdi possono fare Ì!Il U!Ilmomento dii buon umore; vide l'ombre di due cipressi vicini tagliarle parallele la strada, e la sua fra, quelle prendere un sapore di chiostro, vide oltre i cipressi un boschetto di acacie scendere sino al sentiero. Era!Ilo piante selvatiche nate lì !Ilon si sa come, raggiungevamo appena u!Ila doppia altezza d'uomo, fitte e intricate ricoprivano i,n quel pu!Ilto la oosta col loro colore tenero, uguale, che l'agitarsi delle foglioline, simmetriche sul breve stelo, no!Il mutava. Oome um ramo sporgente le accarezzò la gota, mise U!Ilamano nel fitto per coglierlo. Gettò urn grido. Si era punta alla spina biforcuta posta a guardia dello stelo dove questo si distacca dal ramo. Nel dito non si scorg,wa traccia della ferita, ma non appena si strinse con l'altra mamo il punto do– lorante, u!Ila goccia di samgue ne sprizzò, rimase u!Il attimo immo– bile, lucente, tonda come una bolla d'aria, poi scese a rivoletto lung-0 il polpastrello. L'Adriana si portò il dito ane labbra., succhiò pre– mendo forte la ferita: quel gesto noto, quel sapore dolce e salato che induceva a un gesto di repulsione, la ricondussero anch'essi a un'età migliore. Sembrava una congiura e era la corsa naturale della me- . moria che si rifugia contenta in ciò che è morto pur di liberarsi dagli affanni vivi, sicché ba.sta dar la stura ai ricordi perché questi sgorghino impetuosi. E son poi così fatti che ove sorprendano nei momenti felici, li amareggiano; ove sorgano dall'afflizione, CO!IlSO– lamo invece e pacificano. Così l' Adriama si trovò i!Ilnanzi a rnn oriz– zonte più chia,ro e amico: una nostalgia indefinibile l'assalì, una mestizia, un bisogino di carità, e eramo tutti sentimenti che placano, che confortamo; ma già l'aveva condotta verso la tranquillità dello spirito, la gioia fisica del sole e dell'aperto. La, st.es ,;a,fatica di que– gli uomini curvi sul lavoro, la modestia dignitosa di quella madre, la curiosa ritrosia del fanciullo, le eriln stati di aiuto. Di faccia a quella gente sconosciuta si era sentita men sola, la loro presenza l'aveva fatta certa di un appoggio, il loro rispetto resa sicura che niente era mutato. Allora pensò con impegno al da farsi, e tutti quelli insormon- Biblioteca Gino Bianco
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