Pègaso - anno III - n. 2 - febbraio 1931
I capricci.dell'Adriana 169 --------------- rebbe stato fissare llinche quegli occhi rispettosi, ma acuti. Era abi– tuata a considerare la servitù aristocraticamente, sapeva che essa nolil poteva giudicare, anzi era ct>rta che neppure si sognasse di farlo, né aveva mai pensato dte si potesse provar soggezione di u,n servo. E allora, perché questa timidezza improvvisa? In preda a tali e più numerose domande, combattuta fra il de– siderio di ritornare alla locanda e l'altro di proseguire luingo una strada avventurosa, cui. dava aiuto l'impaccio di una necessaria giustificazione, rimase alquanto seduta ai piedi cli quell'albero. Poi delle grida che giunsero portate da quel vento sottile che spirava secondo la direzione della valle, inducendola a pensare che fossero in cerca cli lei, la consigliar-ono a levarsi. Era come una fanciulla che abbia commesso un malestro e fugge l'ira e i rimbrotti della madre; sa ch_ea ca.sa dovrà tornare, che le sa-rà giocoforza, sfidare l'una e gli altri, eppure cammina e conta sul tempo che affievolisce la collera e l'impegno preso di punire, e che a lei darà coraggio, più tardi. Appoggiata al tronc•o si scrollò dal vestito le fogliuzze, si passò una mano sugli occhi, studiò la via. Si trovava sull'orlo cli u,n sentiero sassoso che, lambendo in quel purnto un pascolo in declivio cinto da una stecconata di fortuna, scendeva assai ripido e i,-..erpeg,giante lungo il fianoo della collina, finché lo si scorgeva in basso, bianco di polvere, attraversare i col" tivi, volgere a sinistra e spç1,riredietro un gomito della valle. Si ve– deva una donna salire, portando sul ca,po una cesta, e un bambi– nello le correva intorno, or precedendola,, ora seguendola; di tanto in tamto la donna si soffermava per chiedere alla breve sosta [lUova lena, non il bimbo che distaccatala di un buon tratto, la chiamava a più ripr,ese come per incitarla a proseguire, poi in un attimo le era di nuovo al fianco, simile al cucciolo cui è di giuoco la presenza del ·p·adrorne. Fievoli giungevano le sue grida gioiose e enmo il solo rumore lontano. Poi un uooello gorgheggiò, solitario, un vento la– bile mosse le fronde, passò sovra l'erbe. L' Adriama senti il fascino di quel silenzio, lasciò l'albero, venne sulla strada, e dopo un ultimo sguardo alla casa rossa, incominciò la discesa. In quel mentre, da qualche parte delle campane batterono l'ore, forse dalla torre del paese, che le nascondeva una costa boscosa. Le parvero dieci tocchi: eraino eguali, spaziati. legati dal vibrare quèto dell'aria; resero sonoro il cielo e l'ultimo lo si poté udire a lungo, limpido come la voce del cristallo percosso. Accompagnandola nei suoi pensieri, quel suono rimase in lei anche quando all'esterno si era completamente dileguato, e fu la voce della contadina che sa– liva a, farg'lielo smarrire. Questa si era fatta da parte, timorosa che il cesto potesse impedire la strada alla bella siginora, e il saluto chiaro e sereno glielo dette a occhi bassi, come davanti al sole che non si guarda fis~amente. Porta,a sui capelli un fazzoletto nero BibliotecaGino Bianco
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