Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

28 S. d'Amico tenutosi a Praga, è alta come poche. (( Egl-i ha bisogno dhtna forza im1ionderabile odiata da molti: della forza di rapire, di cantare, di accendere, à}i rn11,wvere.Ha bisogno delle mani, delle dita, d,egli occhi. Ha bisogn-odiel potere di contrarre un'esiistenza in uw bafleno, come ima nuova creazione: sostenere i- titubanti, porre un argine agli spropositi degli s·ci1wmiotti,ai'utarn cli/icombatte, deridere i ciar– lata'Ylii,amare i peooatori peniten'ti allo stesso moda dei giusti. Tutte cose che non s'imrparano da prin-cipii, ma dJal pratico amor@ .... >>- Amore : fu la parola pronunciata, tempo addietro, anche fra noi, in una c-onferenz,a sulla Critica che Gino Roc,ca, tenne in R•oma, ,nella Scuola di giornalismo. La severità non esclude l'amore, anzi 1o presuppone. E certo non v'è chi ignori come nessun critioo abbia mai legato il suo nome a stroncature; si stronca un'arte mediocre o ,cattiva, che prima, o poi seompare, e porta via e-on sé anche il ricordo di chi l'ha negata. I critici il cui 111ome è rimasto sono stati quelli che hamno avuto la fortuna, e l'intelli,genza, di affermare, ·scoprire, a,nnunciare un artista, o un'·arte nuova. Ma, per c,ostruire, bisogna ben cominciare dallo sbarazzare il terreno: un'arte nuova può no!l1nascere, se le famno ingombro le macerie della vecchia. E questo offende interessi, morali ed econo– mici, contro cui il critico. dev'essere forte. Perciò, quando la critica -è onesta, l'arte ha molto più da temere dalla sua indulgenza, •éherio,n dalla sua rudezza. Nel 1929, al III Congresso della Sooiété Univer– .selle dit Théatre, a Barcellona, il commediografo francese Pierre Mortier ebbe il coraggio di parlare per u!l1'ora contro la critica pa– -rigina, accusamdola né più né meno che di questa colpa: d'essere· troppo larga, benevola, oompHce, indulgente. Gli è che esf.ere il co111trario.., ossia sinceri, è cosa i111finitamentepiù faticosa e difficile. A certi gusti malati, a certe aberrazioni di scuole, a certi vizii fatali, il critico ha lo stretto dovere d'opporsi. Sul serio c'è anc6ra qualcuno a credere che se, per esempio, in Italia tutta la, critica avesse fatto in tempo il dover suo, ammonendo chiaramente gli .attori : « ragazzi, continuamdo di questo passo, s'arriverà alla cata– strofe>>, le cose sarebbero arrivate nl punto in cui sono? E badino gli artisti, autori e attori, a 110111 illuder troppo se stessi, dicendo : « quel che mi duole, è la tua forma aggressiva o :scortese>>, mentre Ì!l1 realtà si dol,go1110 unicameinte del contenuto. La forma <l scortese>>, come ha notato una volta per sempre un cri– tico che può farci lezione a tutti, non è possibile, senza tradimenti, quando la e-osa da dire sia, i!l1sé, spiacevole. Se un lavoro o una sua interpretazio!l1e· !110!Il val nulla~ il solo modo di esprimerne un giudizio onesto, è di dire che nou val nulla. Frase antipatica, e ,c,0111 cui il critico non si farà probabilmente un amico. Ma il critico non è al suo posto per coltivare amicizie: è lì pe:r èsporre, come :sa e può, la sua verità. BibliotecaGino Bianco

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