Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931
118 B. SANMINI.ATELLT, L'urto d'ei simili preciso, e prodotta anzi dall'eccessivo amore, dalle cure soverchie d~l na,dre che impacciano anziché aiutare lo sviluppo del figlio, e dalla t1- ~idità di questi a ribellarsi e insieme a manifestare il proprio affetto al padre. Anche questo basta a esser argomento di un romanzo, né si vuole a forza il dramma, benché il titolo sembri prometterlo. Ma si vuol dire cL.e se le cose stanno cosi, allora bisognava scegliere altri mezzi d'arte. Poiché la situazione singolare del romanzo del Sanminiatelli mi pare sia qui : che un autore già noto come scritto1'.e di gustosi bozzetti pae– sani, .dal piglio anche troppo sicuro e dalla, mano rapida a disegnar figure e figurette, si è messo a un argomento .il quale, piuttosto che, della matita del cli-segnatore, sembra aver bisogno della penna acuta e cauta dello scrutatore d'anime, anzi dell'analista. Ne è venuto fuori uno squi– librio che, specie nella prima parte del libro, è grave. Non già che manchino osservazioni psicologiche (e al.cune, cli tono generale, anche interessanti) e particolari e insistenze minute: ce n'è a biz,zeffe. Il Sanminiatelli s'è messo, e con grande coraggio, a quelli che grosso modo i;:onoconsiderati i mezzi più comuni dell'analisi, non scartando neppure quei punti di sviluppo sensuale e intellettivo (c'è perfino uno sdoppia– mento) che, senza pensare ad alcun teorico moderno, sono e furono sem– pre momenti di delicata complessità. Ma il guaio sta nell'aver sentito e usato questi mezzi solo in modo grosso. Una, delle particolarità del– l'analisi è, come si sa, il cercato compenso della lentezza nella progres– siva profondità, disponendo,, per esempio, quattro o cinque note dello stesso colore psicologico in modo tale che ognuna rappresenti un passo in avanti, anche se lento, nell'internamento di uno stato d'animo. Ma unò come il Sanminiatelli •Cheha avuto da natura il dono di poter prender le cose alla brava, e cioè d'istinto, che cosa otterrà se, dopo aver but– tato giù un colore, e magari approssimativamente, ne mette altri quattro o cinque della st{IS\Sa intensità ? Un soffocamento, un violenta– mento, anziché chiarezza e forza. E quello che è successo nella prima parte di questo romanzo, dove si vuol descrivere la decadenza, la mediocrità economica e morale della cjasa del marchese Gesualdo Macchia a Roma, in via Capo le Case ; e insieme il processo formativo, con le reazioni e gli accasciamenti, del– l'adolescenza, di Santi, il figlio. Quel c,he si salva, in mezzo a tante fitte pagine, è qualche impressione di luce che, dopo ore d'incubo, a volte saliva dalle strade a sfiorare i muri di quella casa: sentita, questa im– pressione di luce, con vivo senso di contrasto e, si direbbe, di chiaroscuro. O, ancor meglio, questa. apparizione, sebbene fuggente, di una ragazzina, in cui ti par cli sentire la delicatezza di una matita cli disegnatore: < 1 quando a,bbassava gli occhi, pareva si chiudesse tutta come l'erba sen– sitiva>>. Ma tutto il resto, in questa prima parte del romanzo è inzep– pato, assiepato,. accaldato d'immagini, d'insistenze; come sen~a respiro e -senza riposo. Tuttavia, chi farà lo sforzo di attraversare quena fitta siepe troverà per suo compenso non solo una serie di pagine dove s'allargano ~perture fresche di ca,mpagne e descrizioni di natura, le quali, per chi conosce il Sanminiatelli dei precedenti libri, non sorprendono, ·ma troverà anche BibliotecaGino Bianco
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