Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

F . .A..GNOLETTI, Il bordone della poesia 117 Marcellina è vicinissima all'umanità di Agnoletti, queste altre danno un senso a tutta la vita, vita passata, vita perduta. A Agnoletti, per ter– minare H ritratto, non sono rimaisti, oltre questi ricordi pieni d'una smarrita tristezza, che due amori, tristi anch'essi: quello per la terra, dove lo prende il desiderio di stendervisi per sempre, e quello per il vecchio padre, nel quale sente, raddoppiata, la, sua pena. Con tanto entusiasmo per le cose forti, per i gesti eroici, per lai grandezza, la voce che più s'avverte di questo scrittore è quella che nasce dal fondo, romita, con un trasa-limento. Leggete il Giorno dei morti. Più volte Agnoletti ha tentato la poesia, poesia in versi, ora arieggiando il Pascoli, dove è più familiare e dove ha subiti impeti, ora accostandosi all'approssimativo popolaresco. Qui non sono versi contati per sillabe, ma obbediscono a una dolce musica. Le ore, le stagioni, il volto della terra e quello della sua tristezza sono un canto e un pianto solo : dicono la sazietà di tutto, e nessuna speranza. Quand'era nella sua casa, nel « vialino dei suoi venti cipressi>>, era con l'animo lontano; ora che sta per staccarsene, pur vorrebbe rimanere. Del tempo felice non gli è ri– ma~to nella, memoria che il senso del cadere della felicità ; ora non sa dove andare, ma va,. Malinconico per disperazione, s'è detto.cominciando. GIUSEPPE DE RoBERTIS. Brno SANMINIATELLI, 'urto dei svmiU. - Treves, Milano, 1930. L. 15. L'idea del libro non è cattiva: l'urto dei simili è l'urto fra padre e figlio, diversi, ostili, eppure fatti dello stesso sangue. Idea non nuova, come si sa: se si dovesse mettere l'accento sulla pdma parte del titolo, si potrebbe, senza scomodare esempi troppo illustri, ricordare come uno dei temi-base che ritornano con una specie di manìa ossessionante in tutto il recente espressionismo tedesco, sia proprio questo, la lotta tra .padre e figlio; se invece si deve pensare di più alla seconda parte, dal tema della somiglianza e dell'a,ffettuoso attaccamento, nonostante l'in– comprension e, al p adre, ha saputo trarre partito, secondo i modi dell'arte sua, - per cita.re l'esempio più recente, - F. M. Martini con Il cuore che mi hai dato. Comunque, non si potrà negare al tema prescelto dal Sanminiatelli una verità d'intuizione semplice, quotidiana eppur sempre interessante. Ma c'è in questo romanzo un urto vero tra padre e figlio? e c'è, insieme, una somiglianza profonda? Non mi pare. Né l'uno, né l'altl'a. Ho cercato nelle fitte pagine di questo romanzo un momento di contrasto profondo, - dico come situazione spirituale, - tra padre e figlio, e non mi pare che ci sia. Né c'è somiglianza vera tra il marchese Gesualdo Macchia, che è in fondo un buon uomo, della vecchia e solida aristo– crazia campagnola, attaccatissimo al figliolo e alle sue terre, che s'arra– batta alla meglio tra una moglie perfida e vanerella e le difficoltà eco– nomiche di una situazione non florida, - e quell'unico figliolo, Santi, che è sempre nebbioso, incerto, molliccio e non combina mai nulla. Si, qual– che cosa c'è; n;ia si tratta piuttosto di un disagio, di uno stato d'animo d'incomprensione, diffusa nell'a,ria più che nucleata intorno a un punto ibliotecaGino Bianco

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