Pègaso - anno III - n. 1 - gennaio 1931

PALINODIA DEL OREPUSOOLARISMO. Se ripenso al 1910, o giù di lì, e al mio interesse pei libri di poesia, mi rivedo dinanzi le « novità » del: tempo : il volumetto delle liiriche di Sergio Corazzini, pubblicato postumo a cura degli amici; la Via del rifugio e i Colloqui di Guido Gozzano; I sentieri e le nuvole di Guelfo Civinini; le Poesie scritte col lapis e le Poesie di tutti i giorni di Marino Moretti; le Poesie pr<Jvinciali di Fausto Maria Martini. « Poeti crepu– scolari >>, ,si cominciò a dire allora; e la definizione ha avuto fortuna, forse perché ambigua. Crepuscolo della sera o crepuscolo del mattino ? In verità, il torrido meriggio dannunziano s'era venuto rammorbidendo via via, fino a rendere i bagliori fre!].di, le trasparenze vesperali, le ve– lature serotine del simbolismo estetizzante di Mallarmé e seguaci. E ciò che, a contrasto, poteva sembrar luce prediurna, si riverberava in effetto dalla declinante poesia mite e casalinga del Pascoli, mandando barlumi d'occaso tra le nebbie montanti delle ispirazioni provinciali ed ironiche tipo Rodenbach e Laforgue. Meglio, allora, l'altra, formula, meno fortunata ma più esplicita: « preparatori dell'humus», come se da quei poeti dovesse venire alla novale della lirica italiana, dopo raccolti troppo copiosi e che ne avessero estenuata la fibra, concime favorevole, e indispensabile, a nuove sementi. Grandi •sèmine, pare che . poi non si sian fatte, se, da quattro lustri a questa parte, autentici germogli non se ne vedono, ma solo polloni rimessiticci. « Tempo è da parlare e tempo ,è da tacere», dice Salomone nell'Ecclesiaste; e Dante, nel Coni,ivio, commenta: « Altrimenti è disposta la terra nel principio de la primavera a, ricevere in sé la informazione de l'erbe e de li fiori, e altrimenti lo verno; e altrimenti è disposta una stagione a ricevere lo seme che un'altra». Che non sia ancora stagione? La verità è, che a tirarne giù adesso le opere dalle scansie, quei poeti di vent'anni fa si rivelano, pagina dietro pagina, impreveduta– mente remoti. Proprio coml:lnel recente romanzo di Fausto Maria Mar– tini, Si sbarca a New York (Mondadori, 1930), il quale è, si, e per far luogo a una terza definizione di G. A. Borgese, « il romanzo di Sergio», ma è anche, con un pezzo di autobiografia di lui medesimo il Martini, un documento prezioso dell'età eroica del crepuscolarismo. E poiché fin dal primo capitolo· vi figura pure un poeta che tra schiettezza nativa e artificio non ha mai trovato l'ubi consistam, tiriamo giù dalla libreria anche Le fiale di Corrado Govoni. Ec.co qua i versi che Sergio leggeva, quella sera, nel cenacolo romano de' suoi ammiratori e compagni di 7. - Pèouao. BibliotecaGino Bianco

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