Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930
Jl!Jorteimprovvisa 721 templavaino la stanza semibuia con quella sola lampada acce:sa presso il letto a baldacchino, la quale illuminava di sbieco la cami– cia della signora Olgiati, le lenzuola aperte, e una parte dello scen– diletto. ~ guancie dalla vergogna gli ardevamo, gli pareva conti– nuamente di rivedere la fanciulla in piedi davanti a lui in atto di guardarlo oon disprezzo e alterigia, gli pareva di riudire quella voce proferire la frase spietata: « lei sorpassa in bassezza quanto di peggio si possa immaginare>>. Rifletteva : ad un tratto gli occhi gli si empirono di lagrime, quel senso di miseria che l'aveva già invaso dopo la, ripulsa della figlia della signora Olgiati, tornò ad assalirlo più forte che mai: - Che cosa ho mai fatto io di tamto male,,- si domandò angosciato, - per essere sempre trattato in questo modo .... per non potere mai incontrare una donna che sia capace di comprendermi e di volermi un po' di bene? ... eppure ,non chiede- rei molto: soltamto un po' di bene .... Cosa ho mai fatto di tanto male per dovere stare sempre solo .... solo come un miserabile cane? Si mordeva le labbra per non pia:ngere, scuoteva la testa, il ru– more ritmato del ballo che gli giungeva dal pianterreno accresceva per -contra-sto la sua desolazione e il suo senso -di solitudine. - Sem– pre solo, - pensò ancora, - sempre solo .... e quando non S()lllO solo sto con donnacce che vogliono il mio denaro .... Ora sono qui. ... dopodomami sarò in rnn gramde albergo di alta montagna o in Ri– viera .... e sarà lo stesso .... A cosa mi servono dunque tutti i miei denari se non posso neppure avere quella felicità che l'ultimo degli sguatteri ottiene facilmente? - Questi pensieri desolati continua– ro!Ilo ad agitarglisi in mente per più di un quarto d'ora: guardava davam.ti a sé, seduto sul divano colle gambe stese, le mani in tasca e il pett o inamidato della c.amicia gOIIlfioe sporgente, ogni tanto scuoteva la testa con amarezza., oppure si alzava, girava per la stanza oscura sui grossi tappeti silenziosi e tornava quindi a sedersi. Alfine, ad un tratto, quasi senza pensa.rei, andò alla porta, spen'>e la lampada, ed uscì nell'anticamera. Subito lo colpì il gran silenzio che nel piano inferiore era suc– ceduto al frastuono del ballo. La musica, e fatto ancor più strano, il brusìo delle conversazioni erano del tutto cessati. Un po' meravi– gliato, ma senza attribuire molta importamza a questo fatto del si– lenzio, il Pigmotti discese lentamente la scala. Dal pianerottolo vide oltre le doppie porte spalancate, il pavimento del salone del tutto deserto e sparso dei relitti del cotillon: pallottole d'ovatta multicolore, coriandoli, stelle filanti. Anche le poche sedie dorate appoggiate in fila contro la parete di fondo erano vuote. - Che siano 8illdati tutti via? - pensò il proprietario stupito. Un poco inquieto, discese in fretta la seconda rampa della scala e si precipitò nel salone. Questa vasta sala- dorata funebre e incl'igesta era del tutto vuota, 46. - Pt;1aso. BibliotecàGino Bianco
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