Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

MARTA. Il domnitorio, quando ero a Como sold'ato, attraversava l'ala della ca,serma tra due grandi finestre. Dormivo a fia,nco di quella a settentrio1I1e, che guarda un prato chiuso da 111I1 erto pendio,. La sera ste·somi •seguivo di soorcio il mio corpo fino alla luce del fondo, oome guaJrdandlo ilil un cannocchiale : e non vedevo che cie1o viola, o rupi lontane di IIlUVOle su cui gli uccelli sembrava{IlO negri. Poi COIIlun senso di sproporzione improvvisa -scorgevo i piedi biamcheggiare sul letto. Alle mie spalle gli uccelli cantavamo all'alba, ma io ca,piv,o be– lilissimo che il sole non era ancor sorto. Quelle voci accecate le trasform8ivo 1I1elson1I1O ÌIIl sigle di fiori, emblematiohe, glicini fila– mentose 1I1ell'ombra morta. Spesso m'alzav,c, a guardare: non ho mai visto u111 numero tale d'uccelli. Su pure voci di flauto stonavano altre darunate a un'irrequieta stridulità. AlcU1I1i,picooli e muti, tanto che l'occhio no1I1 era ben certo di coglierli, sfioravaJilo a v-olo le mura: altri battevaino l'ali con un rumore di carta: uno minuscolo, fer.mo, le penne rialzate, a breve distanza d'all'erba, faceva l'aquila che st a per calar sulla preda : altri si sottraeva1110 oon cedimenti impNvvisi, sfugg,endoi gobbi nell'aria. Raso terra le rondini cambia– vano .strada d'un tratto, con uno schiocco simile a colpo di frusta: e questi voli, e talllti concerti e richiami fra i llllilgbi tronchi dei lecci baluginanti sulla collina, mi stringevano il cuore. Per la, giornata oomunista che, ÌIIldetta il primo d'agosto ÌIIl!sviz– zera, indusse a spedir qualche soldato a rincalzo ,di ciascu111 forte di coofine, fui m8Jlldato a (}olico con un compagno di mestiere brac– ciante. Montammo all'a.lba sul vaporetto, carichi d'armi benohé senza cartucce. Il primo badillo di lago, color della volpe argentata, così incappato da nebbie, era. soltanto una sala. Ma il secondo ba– cino si dilungava tra brume, canale tortuoso nei monti. Più tardi, la nebbia, diradandosi a mezzo, lasciò passare solo ulila luce ÌIIldi– retta, che diffondeva sull'acqua un chiaror dolce di pomeriggio ·avalilzato. Nell'acqua era un fascino fossile, e il sole pallido, •a tratti, vi si specchiava intilllamente, con un alone iridato di minerale che brucia. Quando approdammo, dopo sei ore di viaggio, eravamo fe- BibliotecaGino Bianco

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