Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

Latino di messale 673 Rito è il Prefazio, il quale, per la sua natura di callltata, raccoglie molto elemento liric.o sopra un fondo o tessuto fermamente dogma– tico e caro. Sioché, arrivati a questo punto nel graduale svolgersi del Rito, a111che l'osenro latino del Messale più fruscia d'imprm·vjsi baleni. C'è dei Prefazi, e più 111elRito Ambrosiano, che parlamo un certo lilllguaggio da parere nobile riflesso più di conversazione d'angeli che d'uomi111i,dove anche i misteri e gli uffici più delicati SO[IO 'lrdornbrati con lieto pudore. Cito quel della Messa da requiem, che più degli altri par dia consolazione. Dice o piuttosto camta: (( Vere dignum et iustum est 1 aeq11Mmet salutare, nos tibi sem,per et 1tbi,que gratias agere, per Ohristum Domiwwm, nostrum. In. quo (il bello viene adesso) in quo nobis spes b,eatae resnrrectionis eff1tlsit 1tt quos contristat certa moriendi. conditio 1 eosdem consoletur fu– tiira.e immortalitatis promissio. Twis enim fidelibits, Dowine 1 vita m.utatwr non tollitwr 1 et dissoluta terrestris hitius incolatus domo, aeterna in coelis habitatio com,paratwr >>. Dite pure che questo è un bel latino dove la forza scolpita di Paolo e l'ornata eleganza di Agosti1110si mesc,ono e splendono. È possibile notare anche certe vivaci allitterazioni che la, lingua medesima, a leggerle, saltella (Vita rrvu,tatwr 1 non tollititr); o l'armonioso complesso del periodo dove le coordinate e le subordinate abilmente s'illltrecciano; o la pia elega111za con la quale è impiegato, poniamo, un ablativo asso– luto (et dissol1~ta terrestris h-uius incolatits domo .... ), o no111 so che altr•o che òià alla pagina un suo fermo splendore. Ma tutta questa è grammatica, o fors'anche rettorica, che è peggio. Mentre è chiaro che la bellezza di questo latino è altrove : cioè in quegli elementi di umana e divina consolazi0111eche esso c0111tiene,e ci toccamo oome uomini veri, da farlo il Prefazio della tristezza consolata. Isolate il quos contristat certa moriendi condi– tio, e lo sentirete in tutta la sua squallida gramdezza; massime quel conditio che, lì dov'è, ha un impiego doloroso e nudo, quasi a dire: Si vive a questa oollldizione : conditio moriendi. Ho cercato un poeta che mi prestasse un verso per tradurre queste parole, e mi son tro– vato vicino Leopardi; ma nessun verso basta, ci voglio111 tutti i Canti. Fortuna che a rompere la prigione del dolore c'è subito wna finestra che s'apre sull'eternità: eosdem consoletur futurae im;mor– talitatis promissio. Iin verità, qui c'è tutta la dottrina d!i Sam Paolo sulla risurrezi0111edei morti, raccolta lllella 1" lettera ai Tessalo– [licesi e in quell' altra, ai Corinti. C' è tutta la fede del Cristia– nesimo primitivo : i morti dormono un breve s01I1nonel sepolcro e poi son destilllati a risorgere illl eterno. Il ooncetto è ben quello : la risurrezione intesa quale vittoria sulla morte, ottenuta come Cristo e in Cristo, da coloro che han chiuso gli occhi nel suo santo bacio: - In qu,o effuls,it sves beatae resurrectionis .... Però la forza della pagina s'ha l'impressione che cresca lllel1a •!3. - PéJUSO. BibliotecaGino Bianco

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