Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

\ Latino di messale 671 Questa povera cosa che è l'uomo, sia preso da solo, sia considerato im. quanto p8!I'tecipa all'umam.'a famiglia. A ogni m.a,le lì c'è il suo bravo rimedio; per ogni onesto desiderio, la sua preghiera a effetto quasi sicuro, perché avvallata dalla Chiesa che è la madre dì quei che sp eramo. 0' è l' Orerrvus pel papa e per il re', :per· ottenere le la– gri.me e la pioggia, per far tOirnare il bel tempo. Tutte le ,stagio[li ci p assano, ooi lor colori e lavori e bisogni. Questi ultimi sono anche i più belli. Capita dunque sul finir dell'es.1ate, proprio sotto i raccolti, che fl cielo s'imbronci e continui a piovere a piovere a piovere, da miinacciar,e il diluvio. Allora la Samta Liturgia, rivolgendosi al Signore dei cieli perché apra u:n occhio sulla poveraglia e sulle ne– cessità della terra, cava fuori l' Oremus ,:id postulandam sereniita– tem, che è come gridare - fuori il sole ! -- ciòè un chiamare il se– reno sul mondo. « Quaesunius omnipotens Deus ciementiam tuam ut inundan,tiwm coerceas imbrii111n et hilaritatem vitltus tui nobis im– pertiri dignèris >>.Elementi men puri si mescolano con forme lette– rarie purissime. Così a<;camtoallo straripante inwidantiam, [1,onre– gistrato nei vocabolari di classica latLnità, ma pieno e bellissimo suo[lo, notate il plurale -di imber, a in-dica,re classicamente rovesci d'aieque e i[lterminabili nembi; imber e non plwvia, che significhe– rebbe pioggia tranquilla in ristoro dei campi. Né vi sfugga la larga hilaritatom, piena d'improvvisa luce (Ecco il ser,eno.... ) e che, detto di cielo, lo umanizza e fa gentile e vicino. Umanissimo infatti è il lLnguaggio. Il cielo « l'umido cielo>>che ritorna sereno è identifi– cato col volto stesso di Dio che torna a sorridere. Si pensa alla situazione classica del btpiter serenator che è lo stesso che il cielo, come riferisce anche -S. Agostino [lel libro settimo del De Oivitate: - S'a-fferma da moltissimi che il cielo sia lo stesso Giove. - E pro– prfo del latin d' Agostiino penso si sia provveduto il redattore dell'Or,emus: -di quel passo delle Confessioni dove il Santo esclama con un sospiro gagliardo: « Victeamus Domine coelos opera digito– rum t,uorum j disserena ociilis nostris nubila qiiibiis siibtexisti eos >>- Oppure è il bisogno contrario. Cielo sconsolatamente sereno, sen.7,a,mai [lUVoli e pioggia. Terra sitibonda e sospiTosa di ombre che' non vengono mai. Uomini e bestie e alberi e erbe abbassruno il capo, umiliati. Allora a implorare che in tanta disumama arsura il cielo si commova e sulla terra divenuta un cocente sabbione si rovesci la freschissima grazia dell'acqua, la Liturgia cava fuori l'Orewus ad p(}tendam plwviam, che è ·pure di alta antichità -se lo troviamo nel sacramentario. gelasiano e gregoriano. « Deus· in quo vivirruus m-0vemur et sumus: pl·uv-iamnobis tribue congruentem j ut praesen– tibus subsidiis su,ffìcienter ad.Jiutisempiterna fiducialius appetamus. Da nobis, q·iw,esurrvus,Domine pluviam salutarem et aridam terrae faciem fiiientis ooeZestibus dignanter infwnde >>-L'ultima parte (Da nobis) qiiaesurwus ecc.) vorremmo tradurla uin ·po' col nostro Man- BibliotecaGino Bianco

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