Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

666 , F. Nicolini vestito un nuovo uomo, e pruovo rintuzzati quegli stimoli di più lamen– tarmi della mia avversa fortuna e di più inveire contro alla corrotta moda delle lettere, che mi ha fatto tale avversa fortuna., perché questa moda, questa 'fortuna. mi hanno avvalorato ed assistito _a ~avorar_e que– st'opera. Anzi (non sarà per avventura egli vero, ma m1 piace stimarlo vero) quest'opera mi ha informato di un certo spirito eroico, per lo quale non più mi perturba alcuno timore della morte, e sperimento l'animo non più curante di parlare degli emoli. Finalmente mi ha fermato, come sopra un'alta adamantina ròcca, il giudizio di Dio, il quale fa giustizia alle opere d'ingegno con la stima de' saggi, i quali, sempre e da per tutto, furono pochissimi.. .. L'altro brano, passato finora inosservato, ma in cui il contatto con l'eterno è oggettivato COIIl vigoria ancora maggiore, si t:rova nell'Orazione in morte della Oimrm!ino, e suona rosi : Scipione Affricano diceva, alla sua maniera sempre grande e ma– gnanima, che allora più che mai viv.eva accompagnato quando era solo. Perocché il vivere di meditazione scevra e pura di passioni (ché allora, senza la compagnia tumultuosa e grave del corpo, vive veramente l'uom solo) egli, entro questa spoglia mortale, sembra una spezie di vita in certo modo divina, la quale non ha punto bisogno de' S'ensi che ce ne ragguaglino o con false o con tristi o con funeste novelle: quando tutto il tempo che questi sono sopiti nel sonno o pure, desti, non si rovesciano ne' loro ardentemente bramati piaceri, o ben anche tutti dentro vi si deliziano, tutto si novera ad inganno, dolore e morte. Ma la vita che mena il saggio nella contemplazione del Vero astratto è sempre ad esso– lui intima, sicché non gli fa uopo assicurarsene al di fuori, e, 'n con– seguenza, ha la sicur.ezza di non mai perderla, perché è medesimata con la sua anima: è sempre presta e presente, che gli dimostra il suo esser fisso nell'Eternità,, che tutti i tempi misura, e spaziante nello 'N.:finito, che tutte le finite cose comprende. E sì il colma di una eterna immensa gioia, non in certi luoghi invidiosamente racchiusa, né in certi tempi avaramente ristretta; ma che, senza uggia di emulazione, senza téma di scemamento, per ciò unicamente in essolui accr.escere si potrebbe, se ella fusse tuttavia a più e più umane menti comunicata e diffusa. Non ritornano all'orecchio altre parole <l'ianaloga ispiraz.ione, e questa volta famosissime, scritte dugento anni prima da ulil altro· grrundissimo italiaJilo? Per mio c,onto, la priima volt-a che rrn'imbattei in codesti due passi viohiami, sentii il bisogno di prender tra mruno un aureo libretto curato dall' Alvisi e di rileggere: Venuto la sera, mi ritorno a casa ed entro nel mio scrittoio; ed' in sull'uscio mi spoglio quella vesta contadina. piena di fango e di loto e mi metto panni reali e curiali, e, rivestito condecentemente entr~ .nelle antiche corti degli antichi uomini, dove, da loro ricevuto 'amor,e– volmente, mi pasco di quel cibo che solum è mio e ch'io nacqui per lui; BibliotecaGino Bianco

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