Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

650 F. }!icolini pre cap uista d'estrema destra nel parlare, specie quam.do , nelle gram.di occasioni, reputasse doveroso indossare_ la ~oga. « Peda 1~· tazzo )) è uno dei vocativi c,oi quali lo aggredisce 11 Capasso, 11 q uale caricatureo·giando in una poesia la parlata vichiana, lo fa ' b d fi . perfino « ponzare 'u l'uom trulla)). « Vrai pédaint )) lo ~ mva nel 1719 l'ambasciatore piemo1I1tesea Napoli conte Solaro d1 Bre– glia, incaricato di cercare tra gl'insegnamti napoletani di rettorica un profosso,re d'eloquooza per l'Università di Torino e che se~bra avesse al riguardo un colloquio con lui. E il letterato e oratoria 1 no senese Giovam. Nicola Bandiera (1695-1761), che nel giugno 1726 gli fece una visita di tre ore, - tre ore eterne nelle quali il povero Vico, malgrado il caldo, durò la fatica eroica di IIlOnadoprare una sola parola o costrutto privi della marca d1 fabbrica di Giovam.ni Boccaiecio, Domenico Cavalca e Iaieopo Passavanti, - scriveva al– l'altro senese Uberto Benvoglienti (1668-1733) : « Parla con tainta affettazzione (sic) nella nostra lingua che deg~nera fa1 un vero sec– catore)). Vero è altresì che quel seccatore, pur così personale illl certe volute anomalie ortografiche ( « bibbico )), « auttore )), « pro– pio )), « i1I1narriva.bile)), cc istrappazzare )), ccavezzo )) e derivati, << avvanzo )) e derivati, << geanologia )) e derivati, ecc.), si sarebbe guardato bene, quamtunque na-poletano (am.zi appunto perché na· poletano), dallo scrivere ccaffettazzioo1e)) con d ue zete. II. QUALCHE CARATTEJRISTICADlllLLA GRANDlllPROSA VICHIANA. Nell'ingegno del Vico, potenziamento geniale d'un ibridismo tutt'altro che raro nel Mezzogiomo d'Italia, si trovavano oosi strettamente commiste la tendenz!l, filosofica o critica e quella fan– tastica o poetica che chi volesse confutare il suo famoso aforismo circa l'impossibilità che << alcUIIlosia e poeta e metafisico egualmente sublime)), ,potrebbe citare, quali esempi in contrario, nO!Ilsoltanto i nomi di Giordano BrUIIlo e Tommaso Campanella, ma am.che e sopra tutto il suo. Senza dùbbio le verità altissime, a cui giunse nella filosofia, nella storiografia e nella critica letteraria, sono la prova più tangibile che qualche volta, secoindo le condiziollli stabi– lite da lui medesimo per un proficuo studio della << metaifisica )), egli riuscisse a purgare la mente dai pregiudizi della fanciullezza a resistere a-1giudizio dei seins,i, a debellare l;:1, fantasia, a non f~re dello spirito corpo e, insomma, con animo scevro da passiOllli a nolll mirare ad altro che al vero. Pure, malgrado tutto ciò, egli restò quali appunto sono i poeti, un candido e sublime fanciullo· e l'am.'. <lamento quasi da poema che die' alla Scienza nuova, la dirpolen– tissima mitologia da cui non seppe mai liberare la sua filosofia, il BibliotecaGino Bianco

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