Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

646 F. Nicolini Tutte le storie letterarie rioordaJI10 (e alla cosa, del resto, accenna la stessa Autobiografia.) i tentativi antibarocchi e 111e·opetrarcheschi compiuti a Na,poli i111toroo al 1670 dal sardo Carlo Buragna (~632-79) e dal cosentino Pirro, Schettini (1630-78). Ciò che le storie lette– rarie 1110n , arrruno, ma, lo racconta il giureconsulto Vill1cen.zoAriani in una Vita di suo padre Agostino (1672-1748), è che « sulle trac<':e del Buragna e dello Schettini camminò Giuseppe Porcella da Posi~ tano, che fu imitatore del Casa, e, benché fosse stato rigido ceins-o~e delle sue rime, le quali ill1piccol numero dettar gli piacque, nondi– me111O eccellente maestro dive.n,ne, e, disponendogli ad usar la lima ed a scrivere i versi sul gra,n modello del Petrarca e del Casa, molti formò valenti alU111111i >>. I quali, - possiamo continuare noi, - ascen– denti a U111a cinquantiina di versificat,ori e versificatrici· (tra cui il Vico), e111tratiprima o poi nella Colo,nia Sebezia dell'Arcadia, det– tero nel 1701 un saggio collettivo della loro virtuosità 111ella Rao– oolto-dei poeti napoletani _pubblicata da Giov8JI1Lorenzo Acampora, e per un ci111quanten111io misero !fuori a, centinaia quelle noiose ma innocue -miscellanee nuzia,li, fu111erarie,mo111acali, battesimali e via-, che, coi satirici Componimenti in morte di Domen,ico Iannaccone, bo,ia della Gran Corte della V'ioaria (1749), il giovamissimo abate Ferdinwndo Galiani (1728-87) seppellì definitivamente sotto il ri– dicolo. Di più, quell'indirizzò runtibarocco e neopetrarchesco fu fatto proprio 111el 1690 d'alla risorta Accademia degl'Infuriati (trasfor– mata l'anno dopo in quella degli Uniti, alla quale fill1 dç1,l 1692 ap– partenne il Vico), fra le cui tornate uilla fu co111sacrataa un discorso del suo «principe» Frrunoesco Giudice sugli « abusi introdotti nel– l'eloqueinza dal perverso modo di scrivere da' modei'illi (=barocchi) scrittori adoprato », e un'altra all'antibarocchistica Lettura sopra la concione di Marfisa a Carlo Magno di Gregorio Ca1opreso da Scalea (1650-1715), la quale, pubblicata parzialmente illel 1691, è, insieme col commento del medesimo Oalopreso alle poesie del Casa, il saggio più cospicuo di critica letteraria avutosi a Napoli alla fine del Seicento e, in pari tempo, una delle-fonti dell'estetica, vi– chiama. E fiillalmente tra la fine del 1689 e i primi del 1690 Lionardo di Capua pubblicava accresciuta, e 1110n più a Ve111ezia oome la prima (1680), ma a Napoli, la seconda edizi-Onedel suo f~moso Pa– rere sull'inoertezza della medicina, ove 111oi11 soltanto si batta0'1iava contr,o l'aristotelismo e il galenismo, ma, pur con talune a,t~rnua– zioni introdotte in codesta seco111da edizione, si poneva in oratica · la teoria letteraria dell'autore e, ben presto, d'ullla turba di « ca– puisti » : che, per formarsi anche in prosa U!llalingua e uno stile occorreva rifarsi, per vocaboli, frasi e ciro di periodo all'aur~ « tos~ano ~> del Trece~to ~, del Cinquecento e, tra gli sc;ittori mo– a:e-:rm, a~t~gere, tutt al prn, al solo padre Damiello Bartoli (d[ cui si ristampo più volte a Napoli Il torto e il cliritto del «Non si pnò »). BibliotecaGino Bianco

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