Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930
762 G. UoM1sso, Gio·rni di guerra rapido, il più inquietante. Alla fine, il colpo maestro, il segno ~i scrit– tore di razza, non è in una concordanza. di motivi contrastanti, - la innocente felicità di quel giorno di riposo, e quel sognare come fosse un fanciullo, la marcia dell'Aida che riempie e ossessiona la valle, la f:uci– lazione d'un soldato, - è questo sì, ma più è come vede quel soldato, con l'occhio d'uno che non sa che cosa, è il male, ha messo piede in un altro regno, beato, guarda e si meraviglia. Portano un soldato a morte, una folla affannata lo regge, e lui non sente che quello sia affanno, lo por– tano non a morte, ma a seggiolina d'àrr•o, come si fa tra bambini. Quella morte fermata così, trasportata lontana nel tempo e nella fantasia, noi non la dimenticheremo più; e il tragico diventa tanto più tragico in quanto lo scrittore ci ha macchiato cli sangue un sogno, un gioco -fan– ciullesco. Anche qui quell'imma,gine « a seggiolina d'oro))' nata come tante altre di Comisso; ma che noi non vorr.emmo vedere scolpiti\-,· come l'altre, perché già di tra le parole troppo ci tormenta. Comisso ha guar– dato anche a questo. Perché ? « Perché ormai ero certo che aspetti simili non sarebbe stato possibile rivedere più)). Che spiega insieme l'attra– zione e, a volte, la ripugnanza a quel che ha visto e oggi cli sul libro della memoria ha trascritto, umanamente, e con discrezione •somma. GIUSEPPE DE ROBERTIS. EuRIALO DE l\I1cm1Lis, Adamo. Romanzo. -- Jacchia, Vicenza, 1930. L.10. Eurialo De Michelis era già noto per un libro di liriche il cui titolo, Aver vent'anni, annunciava una SP,ecie cli potenziamento della nostra piocola vita ,su un piano superiore. Ebbene, la specola dalla quale questo narratore disceso dai cieli della poesia, - e della poesia come la intende lui, - gu_ar<:la, racconta, analizza, è cla poeta e ben sua. È anzi, il ro– manzo recente, per buon tratto la storia dell'autore di quelle liriche, il quale ci ritorna innanzi con la stessa quasi ingenua fiducia in sé, con lo stesso sorriso non tanto ironico quanto maravigliato, e 1 con_ in più la coscienza e il controllo di simili qualità. Due episodi d'amore in fondo . ' ' la prrma, e la seconda parte clel libro: d'uno che si ama, amando, però finché non s'accorga, specchiandosi in amorosi occhi altrui, che non sono degli specchi fedeli, e non se ne distragga per timore cli deformarvisi dentro. Ma oltre a questo nodo di resistenza psichica, conviene rife– rirsi a quella forma cl'autodominio di natura più strettamente artistica •che fa la sua miglior prova nella terza e ultima parte del romanzo'. I vi il poeta il quale aveva cantato : Aver vent'anni è come dire al mondo: - Sono venuto, e questo è il mio giardino --, còlto dall'emottisi, e costretto a prender la via clei sanatorii, narra la propria catastrofe; e la. quasi contemporaneità del racconto e dell'espe– rienza vissuta imponendo all'artista il massimo della sorveglianza su BibliotecaGino Bianco
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