Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930

Anc61·a snlla nnve di Nemi 745 galleggiare s,ulle placide acque del lacustre bacino, e ai.sai probabil– mente in modo staziona.rio. I dati raccolti mercé la recente esplorazione ci inducono a tale supposizione; poiché sulla murata superstite del fianco destro manca ogni indizio di scalmi per rematori, e, in più, alcuni elementi lignei, trovati ancora inchiodati lateralmente e costituenti un'appendice esterna, ci assicurano che una ' passerella' congiungeva il galleggiante alla riva, per mezzo anche di un ricco • pontile d'im– barco' che la proseguiva». Ora la frase « assai probabilmente» dell' Antonielli è un puro eufe– mismo, perché quanti hanno assistito alla scoperta del pontile pos– i;1onoasserire che esso fu trovato ancora perfettamente al posto, e solo i;:profonclato, con gli attacchi evidenti ai due estremi, cioè alla nave e alla riva, dove era innestato ai !lue lunghi travi cli testa, ornati con lt> grandi protomi leonine in bronzo. Negare questo fatto è negare la verità ufficialmente riconosciuta, anc hè se reca, dispiacere a coloro che ritengono il galleggia,nte nemorense una ve.ra nave, nno yacht per andare a diporto, e magari fare cento volte il giro del lago con l'illusione di attraversare l'oceano. Perché mai il Comandante Speziale non lo ricorda neppur~? Dopo ciò cadono tutti gli argomenti addotti dallo 8pezia1e per la sua tesi e io potrei anche esimermi dal proseguire più oltre; ma per difendermi di avere l< con troppo facile baldanza, usurpato i diritti al– trui» ritengo opportuno, ad abundantiain, ritornare su alcuni argomenti e controbattere le asserzioni ~caturite con troppa fretta dalla fadle penna dello scrittore navale. Egli asserisce che il problema della nave è soltanto un problema marinaro; mi dispiace di contradirlo, ma affermo che il problema è anche, e prevalentemente, archeologico. Infatti se per i tecnici di arte marinara, abituati a solcare i mari e vincere le tempe– ste, la, nave è fine a se stessa,, p_ergli antichi, e quindi per noi archeologi, la na,ve appa,re solamente come una base, come una fondazione galleg– giante, per sostenere un edificio al di sopra, il quale era il vero monu– mento : questo !lOi dobbiamo ricercare attraverso tutti gli elementi che rimangono, considerando l'edificio superiore di eguale importanza alla nave che lo sorregge. Ed ecco i dati ùi fatto che emergono dallo scavo: Primo. Che la na,·e non si muoveva, e non muovendosi non ebbe 1na,i né remi né rernatori; né ,,'è bisogno di invocare la perdita della falchetta per dimostrare questo : la conclusione scaturisce logica dalle premesse già enunciate e non ci vuole molta fantasia per arrivarvi. An– ziché pesare con la bilancia del farmacista e con l'aiuto di un « profes– sore cli belle lettere» le varie accezioni di certe parole, e insistere, con una importanza eccessiva, sulla proprieti': di alcuni termini marinari, il Comandante Speziale avrebbe fatto meglio a confutare il fatto con– creto, e dirci come mai nna naYe, che era collegata alla riva, potesse navigare. Secondo. La intercar.edine esistente tra due pavimenti di coccio– pesto poggiati sopra, il ponte. Questo fatto è eme1·so in mollo chiarissimo dallo scavo e.seguito nei primi tempi, ed il Comandante Speziale. anziché nega!·lo, poteva affidar~i alla competenza dell'archeologo. Il pavimento supN1ore era sorretto m BibliotecaGino Bianco

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