Pègaso - anno II - n. 12 - dicembre 1930
G. Pasquali :doni umane e molt'altro. Il professore, che pure viYeva e insegna.va in un paese del Lucchese, non aveva mai pensato a parlare, _nell'ora di c,eografia della nostra emigrazione. L'America era per lm, letterato ; non naturalista, la terra .dei giaguari e delle liane. Quell'uomo difet– tava di umanità; i ragazzi ne abbondano sempre, già solo perché essi i,ono ancora mera virtualità e non ancora atto, virtualità che può attuarsi in ogni direzione. E proprio questa è forse la ragione cli quella specie di tenerezza stupita che dinanzi al fanciullo si impadronisce dell'uomo fatto. L'adulto, che sente di essere ormai per sempre quello che è, ammira e ama nel ragazzo la possibilità infinita. Quel professore si era oramai attuato in una forma chiusa, troppo chiusa, ristretta e meschina. Dispiace che la mancanza di umanità del maestro possa nuocere allo svol– gimento dell'mnanità negli SC'Olari. Tornando alla geogra.fia, a me saprebbe male che essa fosse nella scuola media, specie nei ginnasi, esclusivamente o prevalentemente cosmografia, o anche geografia fisica, che essa astraesse troppo dal– l'uomo. Si parla ora molto, con ragione, della necessità cli preparare i giovani delle classi dirigenti all'esercizio del potere. Io vo più oltre: a me pare che già il ragazzo ùel ginnasio debba cominciare a conos,cere la patria propria e l'altrui. Non geografia antropica nel significato ele– vato della parola, ché, come già sapeva Aristotele, la _scienza non è fatta per i bambini; ma prima Heimatskmirle, poi An8landskiincle. I puristi nazionalisti mi perdonino la nomenclatura barbara per amore del fine, che è nazionale; chiunque predilige cose e denominazioni piane, mi lodi dell'avere schivato termini ambiziosi. Certo, è necessario avere un'idea della forma della terra, delle sue dimensioni, dei suoi movimenti; ren– dersi conto di certi concetti, quali latitudine e longitudine; saper leggere le carte, e magari imparare come le carte si fanno. Ma è altrettanto ne– cessario sap,er guardare un paese e comprenderne le forme. Non è mai troppo presto per incominciare a intendere la nostra vita nazionale, quale è condizionata dalle forme e dall.a composizione del terreno, dalla quantità e .distribuzione clellBpiogge, dalla vegetazione e cla,lclima, dalla popolazione ~ dalle vicende storiche; la nostra vita nazionale non solo n~l suo complesso, ma quale prodotto della vita delle singole province. 1Ia, se nessun paese può vivere raccolto in sé, meno di ogni altro la nostra patria, la quale per vivere deve esportare e importare molte merci, la quale ha esportato sino a ieri, tornerà forse domani a esportare uomini : se quali ospiti in paese straniero, riluttanti all'assorbimento ma con– dannati alla lunga a subirlo, o quali cittadini in terre acquistate alla nostra sovranità, dirà il futuro, un futuro prossimo. L' A.nslandskwnde deve venir çlopo la H eimatskunde, ma è altrettanto indispensabile quanto questa. Anch'essa tuttavia non giova a nulla, finché, oltre che delle forme fisiche, non informi anche della struttura sociale ed economica dei sin– goli paesi straniBri. Un maestro abile può, crederei, esporre tutto que– sto in maniera chiara e spiccia, senza perder troppo tempo e badando bene a non sopraccaricare la memoria e a tener avvinta l'attenzione dello scolaro. Quell'età è appassionata per Verne ,e persino per Salgari; ma, come vedo ogni giorno, legge anche volentieri nei giornali le corrispon– denze da terre remote: anzi talYolta, grazie alla primitiva sanità di un BibliotecaGino Bianco
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