Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930

STAMPE DELL'OTTOCENTO: I BAGNI DI P ANCALDI. Ho sempre sentito dire che gli uomini d'ogmi età quando vedoillo per la prima volta una cosa bella e grande restaino a bocca aperta. Norn per un intimo gusto di contradizioine, ma solamente in ,onore del vero, io debbo dichiarare che quando a sei anilli vidi il mare per la prima volta rimasi tre giorni a bocca chiusa. E non basta, perché, una volta chiuse, le mie piccole labbra si cuoprirorno rapidamente di una cerchia di screpolature sottili fastidiosissime, e quindi di uilla leggera crosta che poteva sembrare il sigillo apposto i-ul fallimento della mia bocca, e che soltant-0 dopo urn paio di setti– mrune poté scomparire del tutto. Mia madre_, assai turbata da questo fenomeillo, mi considerava pietosamernte, invitandomi con dolcezza a ritornare allegro e lo– quace; e tutte le sere prima di andare a letto mi .spalmava bene le labbra col burro di caecao, forndendolo alla candela sulla punta d'elle dita; finché ul[l'amica alla quale aveva confidato il caso, le disse che il burro di cacca,o non mceva proprio nieillte, e ci v,oleva la cera cat– tolica, che mi avrebbe sanato subito da quel malarnrnoche fu la tassa d:i amicizia che dovetti pagare al mare, giacché da quella v•olta vi trascorsi lunghi e felici soggiorni senza che mai .si ripetesse rné il fenomeno del mutismo illé quello d'elle labbra screpolate. Mia madre però, per misura di precauziOIIle, andando a Livorno ogni anino, non dimenticava iin una delle sue valigie il panettim.o della cera mira– colosa. Mio padre irnvece, a quella drammatica·accoglieinza che io facevo ad un avvenimernto lu111gamentepreparato e desiderato tanto, aveva perduto le staffe. Si inferociva, mi avrebbe oostretto a parlare per forza, aprendomi colla violenza la bocca chiusa e dolente, minae– ciandomi di riportarmi a Firenze su due piedi se rnOIIla smettevo com quel muso del quale ero il primo a non potermi rendere conto che vagamente. Al che mia madre intervenendo per la buona paee, cercava di imburrare meglio che poteva a(llche le furie paterne. No111 ho bisogno di sforzare la mia memoria per ricordare l'im– pressione ricevuta. Sapevo quasi con esattezoo, il mare che fosse; per mille qua,dri, disegni, illustrazioni, fotografie viste; per mille racconti nditi, ricevuti ,o richiesti; e per l'idea che a traverso 33. - P-'uaso. 81b oteca Gino Bianco

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