Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930

F. TOMilA.RI, La vita 631 FABIOToMBARI, La vita. Romanzo. - Mondadori, Milano; 1930. L. 12. « Allora mi misi a ridere, perché Maria Assunta è anche il nome della barca di Flavio che ha fatto la vela coi lenzuoli della moglie, la tartana_ con la tenda a rete del fratello droghiere, e il timone con la porta d1 casa: e vanno in giro per il mare, lui e la moglie, come lo Zoppo della Tarantola con la G obba, del Fischio, quando a carnevale si ma– scherano per non far.si conoscere». Ecco un'altra navicella poetica prende.re il vento verghiano che spira da un decennio a questa parte 1 1- • ' ' s u - p emsola. I~ cronista di Tutta Fru,saglia tende ancora a mettere, nel suo quadro d1 fantasia, caratteristiche marchigiane; e riesce invece a meccanismi espressivi da parlanti della marina di Aci Trezza o della Piana .di Catania. È il r,egionalismo di maniera, chiamiamolo pure ver– ghismo·, al quale indulgono narratori delle più diverse parti d'Italia. Anc6ra : lingua dialettale e stile asintattico rispondevano, in Verga, all'estetica del tempo, che esigendo l'autore invisibile nell'opera, lo de– terminava a espedienti tutti rivolti a dar l'illusione di una vicenda narrata dai personaggi medesimi : ma proponendosi a mÒdello simile lingua e simile stile, a qual mai criterio obbedisce uno scrittore con– fessantesi in prima persona, e mettentesi romanticamente in causa fin dal titolo, cosi che una sua esperienza assai più occasionale e modesta di quella,. poniamo, di Une vie di Maupassant, gli diventa, nientemeno, La vita,,? Lo so. L'autore e protagonista di questo romanzo si dimentica spesso di Verga, o meglio dei modi .espressivi, e quindi in un certo senso del– l'interiorità dei contadini e dei pescatori di Sicilia, e dà libero corso alla propria na,tura, e scrive anc6ra delle pagine sincere e felici, seb– bene questi temporali, queste nevicate, queste stragi di porcelli fac– ciano ormai l'effetto di cascami del precedent~ suo libro. È un bene ? è un male? Ne nascono squilibri, stonature, cui contribuiscono anche non so che infiltrazioni dannunziane, o almeno 8quisitezze, che se non conoscessimo Fabio Tombari farebbero pensare a dei pour épater les bourgeois da principiante. « E nevicava ricordo. Adagio adagio, nevi– cava su tutti i sentieri' perduti, su tutte le ville scure, su tutte le povere case». Son rari i capitoli che non rechino, a mo' di clausola, uno di qm:isti pennacchietti : « E dalla parte della Ca.rp~g~a era nata su qu~i monti una stella» · « E Maruzza guardava le rond1m » ; ,« E quello era 11 o'iorno in cui la libellula aveva sfiorato il giunco, e il giunco come tre– ~a ..a di dolcezza!>>. Né mancano bravure, sul tipo del gioco seguente di rime destinato a metter la prosa al passo della poesia: « malati di vita : c~scienti soltanto che ogni voce, ogni canto, ogni pianto è mèta d'incanto d'una suprema armonia infinita>>. E allora perché ostinarsi a lasciarsi cader dalla penna sornecchiare, boccar dentro e parole ed espressioni. consimili ? Arol_a per foco!are si accetta, perché se etimologicamente viene da ara, aggmnge poesia. M~ come si fa a non avvertire il grottesco della parola vernacola m momenti d'intenzione lirica simili a questo: « E lui andrà anc6ra nella notte, raminO'o verso altre lume distante .... >> ? V'han poi gli squilibri voluti, le sto;ature delih~ate, q~ei trapassi, voglio dire, dal patetico allo spa- ibliotecaGino Bianco

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