Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930
Per Mistral, nel suo centenario 617 · .del suo capolavoro. Questo da prima .entrava subito in piena azione cominciando dall'attuale settima strofe. La protasi, ce l'assicura il V:éran, fu aggiunta più tardi. Ma si può e si deve precisai:e anche di più. Alla vigilia della pubblicazione essa fu rielaborata con quell'into– nazione solenne e con quel richiamo a Omero che riassume tutto un programma. Ne è prova una lettera (4 febbraio 1858) del Roumaniho a Victor Duret, dove si esaltano i pregi letterari di Mirèio: « Vous voulez l'arma virumque oano Trojae de nostre ami. - Je chante une jeune fille qui, pauvrette! ne put pas épouser son amoureux - ; ni plus ni moins. - Que le début soit simple et n'ait rien d'affecté - ». Fin dove andavano a ficcarsi le preoccupazioni retoriche e quanto peso ebbe la tradizione letteraria su un'arte sbocciata spontaneamente dal terreno popolare! Finalmente il poema fu conchiuso. « Il y a là tout un, monde, - an– nunziava il Roumaniho al Duret, - un monde bien intéressant, des pein– tures de moeurs rustiques provençales faites de main de maitre, des lé– gendes, des traditions, des croyances populaires: broderies merveilleus!;ls qui se détachent sur un canevas des plus simples, dans une histoire d'amour ». C'era tutto un mondo, è vero. C'.era il miracolo di un'anima provinciale che s'era imbevuta dei colori del cielo e del mare della sua terra, e che ricantava in una musica nuova le tristezze e le gioie di una moltitudine anonima, umile, rude, ingenua, con parole sgorganti dal– l'intimità e nel silenzio del cuore. C'era la Provenza, che dal fondo di natura, dove si rivelano permanenti le funzioni dell'uomo e le sue espe– rienze, si risollevava al poema eterno degli affetti più semplici e più ele– mentari, universali e costanti: il poema che in una lingua provinciale chiudeva il palpito di quella vita che non conosce province. Come sorse nei « félibres » il pensiero che Parigi, proprio la capitale, la• città ne– mica, accentratrice e livellatrice, avrebbe potuto consacrare l'esito del poema? Nelle sue Mernorie il Mistral sorvola, col solito riserbo. Tuttavia al ,Saint-René Taillandier, che aveva pubblicato nella Revue des deux Mondes uno studìo su Mirèio, egli s'apre confidenzialmente in una bella lettera (27 ottobre 1859) di cui ci dà estratti il Véran. « Je suis allé à Paris, - scrive, - entrainé d'abord par l!èlsvives sollicitations de mes amis ; ensuite pour faire dire de là-haut, à, ceux de nos compatriotes qui dédaignaient ìeur idiome natal, qu'il n'était pas honteux de parler cet idiome. En un mot, je n'ai voulu conquérir l'attention des artistes et le succès de Paris que pour arriver plus vite à la vulgarisation de mon poème dans le peuple de Provence. Car je suis obligé de l'avouer, le peu– ple, méme celui de Provence, est toujours comme le troupeau de Pa– nurge .... ». La maggior parte del volume il Véran la dedica al battesimo pari– gino di Mirèio. Visione retrospettiva di momenti che sono tutto impeto di giovinezza e di fede; vigilia ansiosa del Mistral e éonfidente attesa degli altri « félibres ». Ohe il poema si dovesse pubblicare alla capitale, era una spina al cuore del Roumaniho, che se ne sfogava col Duret: « Ce n'est pas dans le Nord qu'on piante des palmiers ! ». Ma anche per lui l'orizzonte subito si rischiara. Il Mistral va a Parigi per avere solo << la prefazione di qualche pezzo grosso della Iettera~ura »_; spera in Ales– sandro Dumas padre. Jean Reboul, il poeta panettiere d1 Nimes, doveva BibliotecaGino Bianco
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