Pègaso - anno II - n. 11 - novembre 1930
616 M. Casella di perfezione e con tale costanza cli sentimento che riesce impossibile, nella piena fusione estetica del suo poema, cogliere traèce di commet– titure e di superfetazioni. Il segreto lavorìo dell'artista per calare nella realtà il suo fantasma sfugge a ogni controllo. Tornano per ciò, istrut– tive le poche pagine che il Véran vi consa,cra prendendo a fondamento il manoscritto di Mirèio presentato per la stampa. ·Scollando i foglietti che vi erano stati sovrapposti, furono messi in vista molti passi della redazione anteriore alla, definitiva. Il confronto ci lascia il desiderio di uno stu.dio completo; ma, pur cosi ristretto, documenta chiaramente la costante vittoria del poeta sulla materia sorda e la progressiva con– quista del suo sentimento in forme di purezza e di semplicità impec– cabili. Non è però in questi particolari minuti che possiamo seguire la trasposizione clella primitiva novella nella capace ampiezza degli schemi epici; i quali con la massima, evidenza affiorano nel canto dei « Deman– dai re>> e in quello, magnifico per il soffio lirico che trascorre di strofa in strofa, della « Assemblado >>.Il poema si delineò nettamente dinanzi alla fantasia del Mistral non appena attorno a, Mirèio si allargarono gli orizzonti della Provenza. L'infelice e grande amore della piccola fan– ciulla diventò il motivo lirico dominante a cui si ricondussero tutti gli elementi dramm atici e· narrativi. Da allora uomini e cose si rivela,rono entro la luce de 'l.la sua pura passione. Il momento cri tico di questa trasposizione epica è segnato precisa– mente dall'arrivo dei « Demandaire >>:dei pretend.enti di Mirèio. Le let– tere del Mistral, che il Véran mette in luce, parlano chiaro. Nel giu– gno 1852 il poeta comunicava al Roumaniho di attendere « al racconto degli amori di Mirèio >>e .di averne composti due canti. Al terzo, che diventerà più taJ'di il quarto, sarebbero giunti i « Demandaire >>.Quattro mesi dopo, o poco più, scrivendo al dottore d' Astros il Mistral si diceva « seriamente occupato a un poema in dodici canti, intitolato Mirèio >>;e già era giunto a metà del lavoro. Il p_ensiero di un poema è già nato, e da questo momento lo prende. Se la trama iniziale rimane forse immu– tata, al margine vi, si inseriscono episodi che conferiscono interesse e dignità alla finzione poetica: espressione di quella nuova passionalità che solleva l'idillio primitivo a un'atmosfera più commossa, sul mobile sfondo di un mondo vasto e complesso. Il lavoro di revisione cui il Mi– stral venne sottoponendo l'opera sua fu senza dubbio molto più profondo– di quanto non creda il Véran; più profondo e oltremodo delicato. Il 25 gennaio 1856. il Mistral dava al suo caro Roumaniho la notizia di aver compiuto il terzo canto. « Il ne peut s'agir que d'un travail de revision ll, osserva il Véran; ma cb.,egenere .di revisione! Bisogna mettere in rela– zione questa lettera col capitolo delle Memorie dove il Mistral narra la visita che Adolfo Dumas, in cerca dì canti popolari, gli fece a Mai.ano il giorno di Sant' Agata di quello stesso anno 1856. Il Mistral gli cantò « l'aubado 'di Magali finita allora allora per il poema di Mirèio >>.Era una di quelle mirabili perle tolte al tesoro della musa popola.re e inca– stonate nella corona dell'eroina. Il canto della « Desc oucounado >>s'era dunque inserto nel poema prima che arrivassero i «Demanda.ire>>. Del resto il Mistral attese, sino all'ultimo, aJl'inquadratura epica BibliotecaGino Bianco
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