Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
498 F. FILIPPINI, Dante scolaro e maestro Studio ; già nel 1287 un not~io bolognese, _En~ic~et!o dalle Que_rce, tra– scriveva il sonetto sulla Garisenda. Ch'egli poi c1 rimanesse, m1 sembra dimostrato chiaramente; ma che proprio i suoi maestri fossero G~ido da Baiso il decretalista, Giovanni di Bonandrea retore e ,filosofo, maestro Taddeo l'ippocratista, sono, come lo stesso Filippini ammette, m~re ip~– tesi; piacevoli, ma ipotesi. Comunque, l'ambiente bolognese de_gh stu~1, per quei dati che a Dante. potevano piacere o interessare, è r1co_st~mto– con dottrina precisa e sicura. Che Dante vi tornasse nel 1291 e v1 s1 ag– girasse fino al 1294, possiamo esser quasi certi ; ma nei p~rticola;r~ non si potrebbe affermar sicuramente di più, senza cedere al gioco lummoso della fantasia. È un piacere, tanto il Filippini conosce e domina la, materia, seguirlo nell'intrico, - altro che selva selvaggia ... ,•-:- dei documenti e delle noti– zie, e accompagnare con lui il Poeta per le terre d'Italia e di fuori, dove lo traeva il suo genio irrequieto e ansioso di sapere. V'è ancora chi non crede in una dimora di Dante a Parigi; il Filippini non solo ci crede, ma afferma che l'Alighieri vi ottenne la « licentia docendi in Artibus >> e an– che quella di insegnare Teologia; il baccelliere di cui si parla nel poema sarebbe proprio lui, Dante, e tutto il passo, un ricordo autobiografico. Fin qui, Dante è scolaro; negli ultimi anni suoi, a Ravenna, egl1 sarà maestro. Anzi, « scelse Ravenna per una ragione pratica della vitar cioè per guadagnare il pane per sé e per i figli, con un pubblico inse– gnamento, mettendo a pro.fitto lo studio e i titoli di studio che aveva acquistati nella lunga carriera ». Il che è stato negato da molti ; ma- mi sembra che il Filippini ne dimostri la verità con argomenti che non po– trebbero essere migliori e più ingegnosamente combinati. Senza dubbio questa è la parte più sentita e animata del volume, dove anche le ipotesi acquistano a poco a poco il volto stesso della verità. D'altra parte, poi– ché il Filippini dimostra che la corrispondenza poetica fra Giovanni del Virgilio e l'Alighieri ha evidentemente per oggetto un insegnamento re– golare che l'esule era invitato a tenere a Bologna, è certo ch'egli aveva già c_attedra in Ravenna, o che, almeno, aveva i titoli necessari per esercitare l'insegnamento. Ma non c'è ragione di credere ch'egli non insegnasse, se restano ancora i nomi di coloro che furono suoi discepoli,. per testimonianze antiche che non si possono ripudiare per eccesso di diffidenza o di sottigliezza. Ed è supposizione vicinissima al vero, il pen– sare che agli scolari egli lesse non solo gli antichi autori ma anche i nuovi poeti volgari, e che suo testo fossero pure le grandi pagine della Commedia. Nel De vulgar-i eloquentia egli aveva già trattata la, materia da par suo; chi sa che }'opera rimasta interrotta non si compisse ver– balmente, e con l'esempio, dalla cattedra di Ravenna? Il libro del Filippini si propone di « rivedere la vita di Dante col filo conduttore dei suoi studi» ; il metodo _ è ingegnoso, ma l'indagine, che per ora è tutta esteriore, avrebbe necessità di essere compiuta con un'altra ricerca: quella del formarsi a poco a poco, attraverso quegli studi, della c:oscienza estetica del Poeta e della sua grandezza. Il còmpito è difficile; ma il nostro autore ha già dimostrato di possedere mezzi e materiali in abbondanza per fornirlo. · GIUSEPPE LIPPARINI. BibliotecaGino Bianco
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