Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930

G. VOLPE, Ottobre 1917. Dall'Isonzo al Piave 497 Il rovescio militare fu un monito per tutti, la sferzata che scosse i deboli e i vili, gli scontenti e i fautori della pace ad ogni costo, i vocife– ratori e i diplomatici da caffè che, polemizzando, fantasticavano sulla nuova carta d'Europa. Al disorientamento e allo sconforto della, prima ora segui la riflessione. Le torme dei profughi dai paesi invasi, col triste fardello delle loro miserie e il racconto delle sofferenze patite, dettero valore di comando al monito del Re: « Italiani, c~ttadini e soldati, siate un esercito solo ii- E si ebbero la resistenza e la rivincita. Ma pure la parola « Caporetto ii continua a suonare come un'offesa sanguinante. Colpa in molta, parte di noi italiani. « Creato un poco da noi stessi, come cinquanta anni prima Custoza e Lissa, come venti anni prima Adua; Caporetto, rimase e ancora rimane, e ogni tanto noi ita~ liani ce lo vediamo buttato fra, i piedi da quanti hanno interesse a fer– marci sulla nostra strada. Ma l'impresa diventa sempre più difficile ii. Sì, an.che perché col tempo la verità cammina e il Volpe ha fatto bene ad aprirle ila strada. Le sue pagine sull'offensiva austriaca, sulla. ritirata al Piave, sulla resistenza vittoriosa, sobrie e obiettive, equanimi sempre nei giudizi sugli uomini e sui fatti e, a tratti, commosse e vibranti, sono un po' la liberazione da un incubo : l'incubo della nostra pretesa inferiorità di popolo, facile agli entusiasmi come ai subitanei abbattimenti; tutt'al più capace di eroismo individuale, non di una volontà collettiva tem– prata a resistere e a vincere per virtù propria, quando l'avverso destino incalza_ Perciò vorremmo che fossero lette e meditate_ ANTONIO p ANl!JLLA. FRANCESCO FILIPPINI, Dante scolaro e maestro. - Olschld, Génève, 1929. Fr. 16. Fu moda un tempo, fra gli eruditi della vecchia generazione, e più in particolare fra i dantisti, dubitare di tutto e di tutti; il Boccac– cio, per esempio, asseriva che Dante era stato agli studi a Parigi. Ma il Boccaccio era un romanziere avvezzo a inventare e spacciare frottole. E così via. Mi ricordo che da giovane, uscendo dalla scuola di uno di quei famosi sillogizzanti, io chiesi a me stesso, ·e stringevo fra le mani il volume della, Commedia : Ma Dante è dunque esistito sul serio ? Oggi prevale, ed è più giusto se pure meno loico, il metodo opposto. Non solo si cerca di dubitare il meno possibile di quelle antiche testi– monianze, ma anzi si vuole documentarle e illustrarle con passione, talora sottilizzando anche troppo per mostrare fiducia. Questo accade -anche a Francesco Filippini, un dotto che non sa e non vuole esser gelido ma si la.scia anche guidare da una calda e insieme cauta fantasia, in questo bel volume che studia Dante scolaro e maestro: scolaro a Bolo– gna e a Parigi, maestro a Ravenna negli ultimi anni suoi. Troppi cre– dono ancora a un Dante autodidatta, studioso solamente .dei libri; « e appena si concede (nota argutamente il Filippini) che egli si sia fermato una volta a Bologna, almeno il tempo necessario per veder le nuvole passare sopra la Garisenda ii ; come se, aggiungiamo noi, fosse spetta– colo che si ripetesse tutti i giorni. Dante a Bologna ci fu, ci restò, ci tornò, non per commercio o per sollazzi, ma per seguir le scuole dello 32. - Pègaso. BibliotecaG no Bianco

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