Pègaso - anno II - n. 10 - ottobre 1930
494 G. RANTOLO, Lo spirito e l'arte dell' << Orlando Furioso» eoo. di quest'isola deserta, dietro il mare, tutta la terra di Francia arsa e saccheggiata e appena libera, che aspetta da questo duello l'ultima parola di salvezza, e, davanti, il regno d'Africa in pericolo. E nel compianto di Orlando, in quelle strazianti ottave, Brandimarte è sì l'amico, il fratello vero di Orlando, ma insieme il campione del~a fede, l'eroe che con Orlando ha tanto combattuto, ed ha avuto la grazia di precederlo in cielo, onde il paladino piange con amarissimè lacrime di esser stato da lui abbandonato nel mondo, a penare e combattere a,ncora. C'è un senso .eroico in questi tratti, che mi pare troppo facilmente traseurato dagli « eshiti ». E Angelica che cede infine di sorpresa al ful– mineo amore per Medoro, può anche non apparirci altro che una volut– tuosa bellissima figura, un mirabile esempio di orgoglio abbattuto : ma basta che noi pensiamo allo schianto, alla rovina che quest'improv– visa risoluzione porterà nell'anima di Orlando ~ degli altri eroi, per scorgere l'altra faccia di questo idilliaco episodio, la tragedia, la pazzia tli Orlando. Tragedia e pazzia che già coesistono nell'atto stesso in cui la bella figlia del re Galafrone invoca essa stessa l'amore di Medoro e gli si dà, in quello scoppio magnanimo di indignazione al quale pare s'abbandoni allora suo malgrado il poeta («O Conte Orlando, o R.e di Circassia Vostra inclita virtù, dite, che giova? ... »). Noi crediamo veramente ohe, dopo il lavoro del Momigliano, l'unica via per dire veramente qualche cosa di utile e. di nuovo sull'Ariosto, sia questa : di rifarsi cioè a.Ua virtuosa e profonda umanità del poeta, via della quale noi abbiamo cercato di indicar qui sommariamente ap– pena il principio. Se no si corre il rischio di rigirarsi all'infinito, per– dendo sempre più di vista quelle che sono le linee maestre, afferrando magari meglio d'un a,ltro la raffinata poesia di qualche particolare, ma rischiando ad ogni momento di falsare la vera ,fisionomia dell'Ariosto poeta. P,er questo osiamo chiamare crudelmente «inutile» il libro del Raniolo : è pieno di belle pagine, di gentilissime osservazioni., ma sem– bra più una raccolta di analisi estetiche ad uso delle scuole, che non un vero libro e organico su « lo spirito e l'arte dell'Orlando Furioso,>. Quando tenta di raccoglier le fila, è pur sempre nel solito giro· vizioso: dell'Ariosto fantasioso sognatore, ma insieme acuto osservatore del– l'umanità; di un Ariosto al tutto scettico e spassionato, ma pur capace di dirvi sorridendo delle profonde verità, delle sentenze che vi fanno pensare .... una sterile altalena che minaccia di non finir tanto presto. Le stesse favole d'amore e di tradimento, che trovano nel Raniolo un così piacevole commentatore, sembra. non siano capite fino in fondo nella loro ricca umanità, e il nappo che Rinaldo depone sulla tavola rifiutandosi alla gran prova, pare non abbia ancora trovato un degn~ commentatore. Per questo diciamo di preferire a tale lungo monologo il modesto libretto dello Scolari. Egli divide 1a sua trattazione in due parti: la vita e le opere. Nella seconda parte è poco più che un buon espositore, ciò che d'altronde sta_ nel suo intento; ma la sua vita -del– l'_Ariosto è veramente bella e, quel che più conta, «giusta», l'unica forse :1spo1;1de~teallo s_tato attuale degli studi, e dalla quale si possa essere 1llummati a megho comprendere la poesia di Ludovico. MARIO BONFANTINI. BiblioteçaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy