Pègaso - anno II - n. 9 - settembre 1930

380 F. MAURIAC, Oe q1ti était perdu sua inesplicabile gioia di creatura eletta e chiamata, come non ricor– derebbe Chantal de Clergerie nella Joie del Bernanos? Qualche altra. affinità e derivazione si potrebbe cercare, e fino nella scena, stupenda della morte di Irene, che è, in più potente scorcio, come spettacolo, la morte di Niels Grafi' nel Giorno supremo del J oergensen. Quei personaggi ora vediamoli un po' da- presso. Uno, Marcel, è un mancato dell'arte. Ha rinnegato il padre; sfruttato una donna ricca; sposato un pezzo di carne qualunque, Tota, la bella bestia, « toute désir, toute instinct », con la quale conduce la vita dei ritrovi notturni. Un al– tro, Hervé, ci è presentato con tratti ignobili nell'attesa continua di un piacere immondo del quale ha fatto lo scopo di tutta la vita. Egli vive nella menzogna e ha il gusto profondo della catastrofe e della sventura altrui. « Là où tournent ses pensées, comme là où tournent les corbeaux, on est assuré de découvrir une charogne ». , La moglie di lui, Irene, ch'egli non ha mai amata, è una intellettuale ironica e senza fede. Malata senza rimedio, attutisce i suoi dolori coi sonniferi e sostiene la sua lucida disperazione con la lettura di Nietzsche. Un bisogno infinito di affetto era stato in lei deluso fin dall'età prima. Aveva cercato le sofl'erenze degli altri per consolarle, ma solo quelle dei corpi, e curato infermi e medicato piaghe. Ora moriva. Una vecchina, la madre di Hervé, compare di tanto in tanto presso il suo letto, e prega. Ma per quella vecchia, e per la sua umile fede, ella non ha che ripugnanza e ironia. « Le catholicisme, c'est ma belle mère ». Dell'igno– minia del marito ,è pienamente consapevole. Una sera lo supplica di starle vicino, ed egli cede perché capisce che un rifiuto sarebbe una sentenza di morte, l'ultima, piccola « poussée vers l'abime n. Legge egli presso la morente certe sentenze dell'autore ch'ella predilige. Al– cune parole risuonano in lei profondamente; ed ecco, ella pensa a qual– cosa, non sa che, più bella del mare che si stende di là dalle tenebre della malattia, della sofferenza, della morte; e in fondo, in fondo al suo essere una gioia zampilla non conosciuta, che la stupisce. Si addormenta un istante, e il ma.rito furtivo se la svigna ve;rso le sue delizie segrete. Quando ella si ridesta, quell'ulti~a vlltà la risolve all'estremo gesto forse lungamente respinto: finirla. Ingoia tutto quanto le vien tra mano d;ei suoi sonniferi. Nel sopore che la invade, la sua vita intera le ri– passa dinanzi, la sua solitudine, e quel bisogno non appagato di darsi, di essere degna, quel potere formidabile di amore senza oggetto, quel sollevarsi immenso del suo cuore verso nulla. Il nulla. Ma si, qualcuno c'è, là; una donna; quella portinaia, si, alla quale tante volte aveva fatto le punture. Altri corpi innumerevoli, ecco, son li, gettati per terrà o appoggiati al muro; e le loro carni bianche fra le bende risplendono nell'ombra. E ciascuno ripete: « Sono io», ma con voce che non è la sua. Ella soffre, ma non più nella carne, e afl'onda, affonda. « Elle pressen– tait qu'il existe peut-etre une autre forme de renoncement une autre . ' nmt, une autre mort que cette nuit, que cette mort qu'elle a cherchée .... A demi engloutie, elle ne pouvait remonter à la surface; elle s'agriffait; , ses ongles se cassaient .... Elle ne pouvait plus faire la découverte tom– ber à genoux, pleurer de joie. Elle ne pouvait plus rendre témoignage. Il faut qu'elle traverse jusqu'au bout ees ténèbres où elle s'est follement BibliotecaGino Bianco

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