Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

154 S. Benoo villici del paese appartenenti alla tribù di Joyce. Il più anziano di loro tale Milesio Joyce vecchio di sessant'anni, era pai;ticolarmente sos;etto alla gendarmeri~. La opinione pubblica lo giudicava allora in– nocente ed ora lo stima un martire. Tanto il vecchio quanto gli altri accusati ignoravano l'inglese. La Corte dovette ricorrere a un inter– prete. L'interrogatorio svoltosi col tramite di costui ebbe a volte del comico e a volte del tragico. Dall'un lato vi era l'interprete formalista, e dall'altro il patriarca della misera tribù, il quale, poco avvezzo alle usanze civili, sembrava istupidito da tutta quella cerimonia giudi– ziaria. La :figura di questo vecchio inebetito, cc avamz-0di una civiltà noo-1 nostra, sordomuto dinamzi al suo giudice)), sembrava al Joyce sim– boleggiare l'Irlanda alla sbarra dell'opinione pubblica. « Essa nOill riesce a farsi capire; non ha modo di comunicare con l'opiniollle pubblica dell'llllghilterra e dell'estero. Gli irlandesi sono supposti maJamdrini. Il vero sovrano dell'Irlanda, il Papa, li capisce come gli illlglesi >>. Riuscirono poi anch'essi a farsi capire: ma Joyce non era obbli– gato a essere prof Pta. Dicia,rilo pure : gramdi articoli non erano i suoi ; né potevano suscitare molto interesse a l'rieste. Ma spunti di passiollle, là den– tro, non mancavano: l'innocenza del patriarca Milesio Joyce era qua,si veneranda; Parnell, l'uomo intelligente sacrificato dall'ipo– crisia e dalla furbizia, era senz'altro un personaggio tragico; l'Ir– lamda insulare, ainacronistica, incompresa, era quasi un naufragio. L'uomo n'era saltato fuori; aveva scelto l'et,ilio; pensava fredda– mente col suo cervello : ma il cuore gli doleva. Nolll poteva dolergli egualmente per lo sforzo di liberazione na– zionale che sentiva, faticoso e acca;nito, a Trieste. Ma appunto per– ché gli mam.cavano i motivi di passione e di cruccio, lo considerava con una simpatia ragi01I1evole.Molto viva era in lui la simpatia per l'Italia; ma certamente molto incompleta la sua conoscenza della letteratura italiana. Al Fraincini c01I1fidavaquesti giudizi sommari: cc La letteratura itaJiana incomincia da Dante e finisce ÌIIl Dante. Non è poco. In Dante c'è tutto lo spirito della Rinascenza. Adoro Dante quasi quainto la Bibbia. Il resto è zavorra)). Egli aveva tro– vato per istilllto il suo punto di affi•nità, ed era giusto; ma il suo_ giudizio trinciato sul resto poteva mettersi con quelli che si sogliolllo udire, su tutte le Jettera.ture, da intelletti sbrigativi. Nemmeno Roma gli piaceva. Solo la Chiesa romana gli pareva grande: ma per quella specie di mescolata grandezza nel bene e 1I1elmale che molti stranieri ricavamo dalla COIIlcezione ccessivamente romanw– sca che essi si famno del Papato nel Rinascimento. In conclusione, giudizi più beffardi che meditati: e sull'Italia non abbiamo nulla da imparare da Joyce. Se non forse l'avvertimento che gli stranieri BibliotecaGino Branco

RkJQdWJsaXNoZXIy