Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930
R. BALSAMO-CRIVELLI, La casa del diavolo 243· RICCARDO BALSAMO-CRIVELLI, La casa del diavolo. Romanzo. - Ceschina, Milano, 1930. Lire 10. I libri in prosa e in versi di Balsamo-Crivelli (è un'impressione sin troppo immediata per non dirla in principio) appartengono a un clima letterario, denotano un gui;,to verbale che non sono quelli a cui è pos– sibile ricollegare le opere di buona parte dei nostri scrittori d'oggi. Egli usa una lingua tutta propria, lontana da quell'italiano medio che va diventando sempre più comune, e che di letterario serba nei migliori ~uel tanto o quel poco che occorre a insaporir la scrittura e a darle un segno personale di distinzione. I suoi mezzi espressivi egli li ha derivati. in grandissima parte direttamente dai nostri classici minori, e special– mente dalle forme del capitolo berniesco e della novella cinquecentesca, senza escludere a volte la cicalata. Questa lingua che il Balsamo ha portato si direbbe .quasi di peso da coteste fonti nelle sue scritture ha serbato tuttavia ben poco d'accademico, ed anche se l'innesto non sempre è riuscito, egli la maneggia con vivacità e spesso non senza ~razia. Si veda a esempio questa sestina del Rossin di Maremma: · Io ho perso il bel color della mia faccia e ho dentro un mal che non mi fa star cheto, e qualche volta mi cascan le braccia, ma non lo posso dire il mio segreto ; io vedo che nel mondo è ciascun lieto ed io son pien d'ogni malinconia. Anche se vi si sente il gioco del letterato, che talora rasenta il pastiohe, s'avverte tuttavia la presenza d'un sentimento reale dietro le movenze della strofe, dietro il frasario di gusto cosi strettamente tradizionale. È facile trovare i modelli di queste e d'altre pagine che si potrebbero citare sia dal Boooaooino e dalla Fiaba di Calugino che dai racconti e romanzetti precedenti a questa Casa del diavdlo. Con– cluderemmo per la continuità di questo stile, composito e risentito, eppure scorrevole, 3:lmeno nei i:p.omenti migliori; toscaneggiante ma non toscano, letterario e disposto verso la parlata. Non di rado per esempio accanto a periodi che serbano appena una leggerissima patina letteraria v'urtano periodi come questo: « Argia - esclamò Giorgio - io son qui per rimanere di stucco, per cascare dal cielo e non so di che maschio favelli e non ho pensato a ·nessuno, ma all'Evelina. appunto è un pezzo ch'io ho voltato il cervello .... (pag. 44 di Vengan quattrini). E dalla Casa del diavolo, pag. 113: « La Caprafoglia a lanci e salti s'era gittata giù dalle scale: benché tonda e pocciosa saltava come una capriola, ri– trovava i suoi vent'anni, e giunta a pianterreno si di:fìlò all'uscio della corista .... ». In questo romanzo poi si posson notare parole e frasi come queste: strillente, soccallare, segrenna, gherone, bagaglie, pruzz'in' là, come a' porcellini tra' campi, borsettina manesca ecc. : un miscuglio d' arcaismi e di modi di dire erborati evidentemente alla maniera del buon Giuliani; lucerna e uso vivo, ma localissimo ; cruschevo– lezze e parlata di contadini. Con questa materia da «citati» e da tac- ibliotecaGmo Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy