Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

P. P. TROMPE0 1 Rilegature gianseniste 241 erano già nella sua indole, il perfezionamento che la religione arrecò fu tale da dividere in lui il prima e il dopo con un taglio profondissimo, e da recare al sommo quelle facoltà che forse altrimenti non avrebbero raggiunto se non una bella mediocrità. Q.uanto « alla vexata, vexatissima qitaestio del giansenismo del Man– zoni», il Trompeo avrebbe ragione 'lii rallegrarsi, non solo dei contributi dati oggi col Joas e colla Mère Angelique, ma d'avere a suo tempo, come accennai, avuto qualche parte nell'impulso a far progredire gli studi e ~oltiplicare gli Sltpdiosi di questa materia. Poiché se alcuni si ralle– grarono di' trovare qualche traccia giansenistica non solo nei sentimenti personali, ma nell'opera manzoniana, ed altri spera.rono di potere elimi– nare questa traccia perché se essa ci fosse stata se ne sarebbero doluti; se altri ancora, senza rallegrarsi né dolersi, indagarono obbiettivamente la cosa, tutti portarono nuova e preziosa luce nella storia intima ed esterna del poeta. Rimane tuttavia questo di maraviglioso, come il Man– zoni, con tanta devozione ai giansenisti che lo istruirono e lo sorressero prima e dopo convertito e con tanto devota simpatia verso giansenisti antichi e contemporanei, riuscisse a restare talmente immune da tali influenze che, salvo nella politica, gl'indizi d'un suo giansenismo, seppur vi sono, bisogna cercarli col lumicino. Mostrò Ettore Rota méglio d'ogni altro quanta fosse l'autonomia del suo pensiero per salvarlo da sugge– stioni altrui. Mostrò meglio d'ogni altro il Salvadori, che il retto amore, movente primo del suo convertirsi, lo volse a Dio ed alla Vergine come a supremi dispensatori· di misericordia e di perdono, che domandano il culto dell'ilare fiducia non l'adorazione paurosa e desolante in cui sta l'essenza del giansenismo. Di qui la prova migliore che giansenista egli non fu e non poté essere. E fol'se il Trompeo nella sua prefazione ha troppo limitato il proprio stesso giudizio là dove ha detto : « si può aderire intelrettualmente a una dottrina e non viverne tutti i dogmi, anzi tendenzialmente reagire ad essa». Dove fu questa adesione intellet– tuale alla dottrina giansenistica ? Meglio si espresse dove parve limital'si alla ,stima professata dal Manzoni verso lo « spirito di rettitudine e di sincerità » sopratutto morale, che egli credette scorgere nei solitari di Port-Royal e nei loro discendenti. Ad ogni modo il Trompeo prevede giusto là dove dice : « Per i rap– porti tra il Manzoni e i giansenisti nel primo e forse anche nel secondo decennio dopo la conversione, ho ragion di credere· che i documenti che verran fuori ne dimostreranno sempre più la strettezza». Senonché dovrebbe esser mèglio assecondato da quanti s'adoprano intorno al pro– blema giansenistico manzoniano, là dov'egli dice: << I rapporti del Man– zoni .col giansenismo sono comunque molto complessi, e proprio questa complessità par che dimentichino sia gli studiosi che diminuiscono l'importanza di essi rapporti, sia quelli che la esagerano». La maggior parte di costoro studiano infatti, con un intento o coll'altro, le relazioni che il Manzoni ebbe coi giansenisti; non cercano abba;stanza quelle che ebbe con alcuni antigiansenisti, e il conto in cui questi lo tennero. Era uno dei più attivi e implacabili martelli del gian– senismo in Piemonte quel marchese Cesare d'Azeglio che nel 1820, dopo una parziale lettura della Morale Cattolica, invitò il poeta a collaborare 16 - Pègaso. jblioteca Gino Bianco

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