Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

P. P. TROMPEO, Rilegature gianseniste 239 domandò un giorno se voleva farsi monaca, e poiché ella esitava a rispon– dere : Mais) ma fille, - le disse, - vous ne serez paS' simple religieuse) je vous ferai abbesse et la maUresse des autres. « Jacqueline risponde allora di sì, ma, uscita dalla stanza del nonno, si ferma nella galleria vicina e pensa con dispetto [' je crévais de dé– pit '] che se invece d'essere la seconda delle bambine di casa, fosse la maggiorina, potrebbe fare un gran matrimonio. Ritorna allora dal nonno e gli dice arditamente: Je n'ai consenti d'étre religieuse qu'au cas que vous me fissiez abbesse, vous me l'avez prornis, souvenez-vous de votre promesse. « Una battuta di tragedia al teatro dei Piccoli! Questa bimba di sette anni, che non per nulla è una Arnauld, si rivela qui della famiglia dei grandi ambiziosi corneliani. Ma appunto per questo, il passo è di quelli che l'ardente curiosità. d'µn moralista come il Manzoni non poteva lasciar cadere. La tentatrice astuzia d'un vecchio che provoca in una bambina di quell'età una cosi pronta reazione di sentimenti, un cosi perspicace gioco di calcoli, una così consapevole deviazione d•ei.propri fa,tinti ambiziosi! Ce n'è abbastanza perché un Manzoni si fermi a riflet– tere sulle m_os,truose combinazioni a cui questo guazzabuglio del cuore umano può essere soggetto quando una volontà prepotente, tutta volta all'P.secuzione di un piano freddamente meditato vi lasci cadere la goccia di veleno d'una parola corruttrice». Io credo che di qui innanzi chiunque studi l'origine intima della figura di Gertrude non potrà più prescindere dallo spunto porto-realista indicatoci dal Trompeo. Ma, accennata la materia di queste «rilegature», che cosa pensare dello svolgimento dato alle due questioni ? Per la conversione del Manzoni, l'autore, eliminate le spiegazioni del De Gubernatis, del D'Ovidio, dello Scherillo, che in vario modo e misura cercarono di evitare lo scoglio d'un prodigio, sostenendo non essersi mai tanto allontanato il Manzoni dalla religione, che a farvi ritorno non bastasse il lento lavoro umano della sua passione per la logica, per l'ordine, per la tranquillità, dello spirito, trae dal proprio maestro Giulio Salvadori, - pur non recandola agli eccessi e agli arbitrii d'interpretazione in cui questi da ultimo cadde, - la convinzione, che il Manzoni subisse una tremenda tempesta interna, in cui gli fu tavola di salvezza per grazia divina l'abbrancarsi alla fede. Della somiglianza che verrebbe così tra la disperazione manzoniana e quella di Pascal (ma proprio in questi giorni, nella Revue des deua; Mondes del 1c giugno, Victor Giraud ritiene « irreale l'immagine data frequentemente di Pascal», dicendo che questi « si rappresentò bensì con gran forza lo stato di spirito di coloro che dubitano » ma dal dubbio non fu mai martoriato egli stesso) d'una tal somiglianza la prova maggiore, a giudizio del Trompeo, sta nel primo degli Inni Sacri; nel grido « è ris.orto » che « si ripercuote tre volte con eco di tuono». Secondo lui, « non si rompe in un simile grido se non dopo una lotta disperata. È il grido del naufrago che giunge alla riva, dell'uomo che ha veduto la pro– pria vita in tutta la sua miserrima nudità, di chi si è sentito morire e ora si sente rivivere». 1bliotecaG '10 Bianco

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