Pègaso - anno II - n. 8 - agosto 1930

RIOORDO DI ANGELO OONTI. Poco s'intende della figura di Angelo Conti guardandola attraverso il prisma dannunziano del Fuoco. Nuoce forse alla prècisazione del suo valore il ritratto deformato di Daniele Glauro, che tutti gli scrittori formatisi agli inizi del secolo facilmente ricordano. Egli ebbe una visione della vita e dell'arte vasta e significativa che risulta maggiore inquadrandola oggi, a un trentennio di distanza, nella complessa istoria dell'ultimo periodo letterario. In quella famiglia ri– stretta ed orgogliosa che strinse con vario legame un Pascoli e un D' An– nunzio, un De Bosis e uno Scarfoglio, un Eoni e un Pascarella intorno al Capitan Fracassa, al Don Chisciotte, al primo Marzocco, al Convito, Angelo Conti sembrò davvero un rinnovatore de' metodi critici e instau - ratore di una più ele.vata e filosofica, concezione del' Bello. Eppure i mi– giiori di quel periodo traevano orgoglio e fiato· polemico dalla scuola del Carducci. Il solo, anzi, che negli anni precedenti al 1890 avrebbe po– tuto contendere al Conti il terreno della critica, lo Scarfoglio, era un carducciano puro, specialmente per la sete di sempre nuova e più spe– r,ifica erudizione. In questo torno di tempo apparve Angelo Conti, che, in funzione di critico letterario, osava negare dignità alla cultura; ed erano anni nei quali la cultura non aveva ancor risanato le terre lette– rarie ingombre dagli sterpi del dilettantismo romantico. . Conti accoglie in pieno il pensiero schopenhaueriano : egli risolve la. vita nella volontà di vivere, nella fatale necessità per l'individuo di potenziarsi e di esprimersi. Da questa volontà, deriva il dolore; in essa. • hanno radici tutte le espressioni del male al quale non è possibile sfug- • gire che annientandosi, spegnendo in sé la forza individuale e la volontà di vivere. A questo punto Conti imagina un mondo di universali nel · quale l'uomo possa dissolversi contemplando e pacificandosi in uri su– premo ·oblio. Questo mondo sarebbe Parte. Infatti, il creatore '.del capo– lavoro, con l'atto medesimo di esprimere nell'opera la sua individualità, se ne separa, pone fuori di sé la migliore e la più attiva parte della sua. volontà di vivere; la quale, oggettivata, aspira, se non lo raggiunge,. a un valore universale. Similmente il lettore, il contemplatore dell'opera d'arte-subisce, nella contemplazione, la suggestione di una forza nella. quale egli gode di annienta.rsi. Certamente la contemplazione di una bella opera d'arte significa momentaneo oblio di se stesso, momentaneo sopore della volontà di vivere. BibliotecaGino Bianco

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