Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930
Fogli di Diario 7 per sempre a quell'orgiastica solitudine, e siamo tornati tranquil– lamente sotto le stelle. L'insegna di un barbiere rnapolitano ha dapprima graidevolmernte richiamato la nostra atternziorne. P.ooo più in là, ,a,lcurniviva,ci mo– nelli, seminudi come scugnizzi e sudici altrettainto, si rotola,vruno nella ,polvere dinanzi a un palazzetto di forme non volgari, seppure un po' scalcinato, che poi abbiamo saputo essere l'Hotel ,de Ville: « une merveille d'arichitecture, le joyau ,du grand siècle )). Però sulle sue porte si leggevaino sconce scritture fatte col carbone e col gesso, in luogo degli antichi editti. Alcune veochie comari, sedute in ampie seggiole sotto i lampioni, oon l'insalata in grembo, si pettinavaino svogliatamente, -drundo i numeri del lotto a certe ingenue fanciulle in calzette viola. e pantofole cardi1nalizie, che facevano intorno co– rona. Queste altro no,n erano, per dirla oon un poeta francese, che « les putains de Marseille )). Anzi, un poeta dioe : « Les putains de Marseille sont des sir,ènes sans pareilles )). Vederle e :fiutare una cert'aria di vera suburra è stato tutt'UJno .per noi. Ci siam messi dunque come segugi sulle loro peste odorose di muschio, ed ecooci a percorrere un dedalo di vicoli e vic,olacci che oerto erano appartenuti un tempo alla Napoli sparita; dove i muri dellè case sudavano tanfo d'olio ra,ncido e di miseria; e il piede a og1nipasso inciampava in cumuli d.'immondezze, strappamdo sordi mugolii ai cani che gru– folavatno nel putridume. Rue du Phare non è l'ultima di. queste strade, e le sirene vi hanno appunto i loro nidì all'altezz;a del mar- ciapiede. · S'aprono l'uno dopo l'altro, o•gnuno difeso da una tenda, dietro la quale 1brilla un pa11ido e misterioso lumino. I lievi tessuti, e quelle scialbe luci, vogliono imitare la trasparenza dell'acqua. In due o tre le sirene stanno sull'uscio, e per mettere alla prorva il cuore ,degli uomini mostrano sembiainre per lo più strane e mendaci. Sembra che a questa Ulil occhio mamchi, e a quella un orecchio; l'una ha la guancia, tagliata da, un·colpo d'accetta, l'altra s'è :inci.prià-ta col vetriolo. I loro capelli, orribilmente arruffati, sono gialli o rossi; e se lasciamo ca,dere una piega dello scialletto in cui si tengono involte, vedi balenare carni maculate come la pelle delle lucertole. Camticchiam•o sguaiate coozoncine in un falsetto pieno di malizia, o cercano d'intimorire gl'indifferenti oon voci roche di serrature. Ai riottosi strappano ,di capo il cappello con un guizzo di murene, e, gettandolo nell'antro: - Prende-le, mon vieux ! - gridooo come a, un came direbbero : chiappalo ! Chi ha fegato poi vede come son fatte veramente nelle loro alcove di soffici spugne. Brillano perle nel sorriso dei la,bbri coraUini, si sciolgOlllo in oode le lunghe chiome d'alga, gli occhi risplendono come fosforescenti molluschi, ·e dalle lerce ciabatte escono i p~ocoli piedi a coda di pesce in cui terminano . le loro gambe tutte d'argento. j3ibliotecaGino Bianco
Made with FlippingBook
RkJQdWJsaXNoZXIy