Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

6 D. Fracchia l'horizon de son imposante armature métallique (il- fut con,struit en 1905 ,par Ar1nodi!ll)). Arnodin ha c,ostruito nel 1905 un :ponte di ferr,o sul vecchio porto di Marsiglia. Frattamto l'aria s'era fatta buia, e le bettole del Quai du Port ci invitava.no con la luce affumicata delle loro insegne a mischiarci se nz'altro indugio con la peggior schiuma del mare, di cui esse rigurgitano giorno e notte come sentine. Sono le micidiali taver111e dove i marinai, dimenticando i giura-menti fatti nel ter~ore delle burrasche oon i loro canti osoeni e le loro turpi bestemmie sfidano ' per il futuro l'ire del maelstrom e dei tifoni. I mercaJI1ti di, schiave biamche scivolruno oon il loro passo volpfa10fra le tavole dèi gioca~ri di dadi, e sussurra.no all'orecchio dei più fortunati nomi strani che hanno il profumo d elle magnolie. Ogni momento scoppiaIDo risse furibonde, a oolpi di lcriss e di navaja) fra pirati d'ogni colore che si contendono gemme e verghe d'oro. Allora si vedono implacabili femmine dagli ,occhi verdi sorgere improvvise come secyenti dal viluppo dei rissosi, e, fredda-to co111 un sorriso il ·cuore in petto ai leoni, tinger,si le lahrbra livide 001 sangue dei moribondi. Rifacendo il passo ai bucanieri, siamo entrati in una di quelle bettole, che aveva un aspetto più sinistro di tutte le aJtre, risoluti anche noi a vender cara, la pelle. La taverna era apparentemente deserta, ,sa,lvo urn organetto di Barberia che se 111e stava tutto solo in un angolo, vestito a lutto. Gol gesto di chi è avvezzo a <l'ar fuoco alle polveri, gli a;bbiamo gettato per sfida Ulllamoneta di rame., Il poveretto, dopo averla ingoiata con un singhiozzo, si è messo a suo– nare per noi una vecchia polka ungherese. A quella musica insolita di nacchere e tamburelli, alcuni passanti si sono fatti sull'uscio. Sembrava gente da nulla, sfacoendati, o semplicemente curiosi. Ma il loro bisbigliare sommesso, i gesti sospettosi e ,guardilll'ghi oon che ci .segnavano a dito, dandoci .ben presto a, divedere che eravamo sco– perti, la prudenza ~i ha consigliato di non rima1nere un ist·ante di più in un luogo per noi troppo pieno di insidie. Per ciò pagato al- 1',oste quanto gli si doveva, ce ne siamo allontamati se~za parere, cerc.rundo di disperdere le nostre trac-ce nel tumulto di un'altra osteria. Il oolpo ci è perfettamente riuscito. Nella nuo:va taverna sotto il booev-olo sguardo di un bett,oliere al quale abbia.mo lasciato cre– dere d'essere uno dei nostri, 111ulla ci ha, impe dito di ve dere il fondo a parecchi biochieri. Ad ogni brfa1disi li picchiavamo insieme eon forza, tanto per fare un po' di frastuono; e li traea,nnavamo poi d'un :fiato da gente decisa a finire &otto la tavola. Ma, trascorso un buon quarto d'ora, e staillchi alla fine di chiamarci l'un l'altro Pierre le Picara, Surcouf, Wan Stiller, Jean le Bossu Carmaux · Cartouche, o con quanti altri nomi di pirati briO'aIDti 'malandrini e ribaldi letterari ci sono venuti alla memòri~, abbiam~ detto addio BibliotecaGino Bianco

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