Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

116 M. BoRGESE, La Contessa Lara Su lei forse, più che il dolore, pesò il disagio a cui simile notorietà la condannava. Non aveva più la famiglia, ché le era morta la madre e il padre avea contratto un nuovo matrimonio; per vivere non le re– stavano che la scarsa dote restituitale, e un assegno, ugualmente scarso, concesso dal marito. Dovette ricondursi a Firenze, in una camera am– mobigliata, rinunciare ai teatri, rassegnarsi alle numerate 1 a_micizie che ancora riusciva a conquistare; procurare che intorno a e1 crescesse, protettore, il silenzio. Certo, sinceramente, il suo più vivo desiderio, - salvo le infedeltà sempre inseparabili dal temperamento suo, - era di essere dimenticata, di far perdere ogni traccia di sé. Tuttavia persi– steva a scrivere versi, sempre versi; ma non le era facile di vederli stampati. E per questo almeno il pubblico non aveva da parlare ancora di lei. Se non che, d'un tratto, ai primi del 1883, il Sommaruga mise fuori un volume di poesie intorno al quale si fece altissimo clamore. Il volume designava per autrice la « Contessa Lara». Ma chi era questa « Con– tessa Lara» ? L'editore, abilissimo in materia di pubblicità, si com– piaceva che ella serbasse l'incognito. Ma durò poco: in brevissimo tempo si imparò che si trattava della donna fatale : la donna della tr'l1gedia. Nella verità, poiché dopo la fama conquistata si stabili a Roma, ella apparve ben diversa dalla cupa leggenda cresciuta intorno a lei. In fondo era, d'istinti e di consuetudini, una buona borghese, che della borghesia aveva le debolezze ingenue e le qualità solide. Le fa– ceva piacere lo pseudonimo assunto perché la faceva chiamare con– tessa; ed ebbe sempre l'ambizione di .avvicinare persone dell'aristo– crazia ed esserne amichevolmente accolta. Ma possedeva, e fortificò negli anni, la virtù del lavoro ordinato, persistente, sicuro. A poca distanza di tempo ebbe pronti altri due volumi di liriche, e contem– poraneamente prose, prose delle forme più diverse, romanzi, novelle, articoli. A quel tempo la capitale ebbe un giornalismo vario, fiorente, politico e non politico. Ella, con industre insistenza, riuscì a divenire collaboratrice di parecchi giornali: il Nabab, il Frac(J;Ssa, il D·on Ohi– sciotte, la Tribuna illustrata, una rivista diretta dal De Gubernatis, e poi la Illustrazione del Treves, il Cafjaro di Genova, il Giornale di Sicilia di Palermo. Scriveva specialmente_ di quella che chiamavasi « cronaca femminile», comprendente mode, incidenti mondani, processi passionali; scriveva di tutto, per molte ore della giornata. Non poche altre le erano prese dalle...cure della casa, che volle sempre specchiante; e delle bestie che amò costantemente di avere numerose intorno a sé: una cagna, uccelli, topi bianchi. E anche dedicava tempo ai suoi poveri, che frequentemente la visitavano e ch'ella 'assisteva per quanto più poteva. Era davvero caritatevole; ma, altra virtù borghese, non cessava mai d'essere economa . .Specie nell'ultimo periodo, per non oltrepassare le possibilità finanziarie nelle quali intendeva scrupolosamente conte– ner~i, aveva rinunciato al gusto dell'eleganza; si contentava di abiti nen, lungamente conservati, che facevano risaltare il biondo dei ca,.. pelli e il roseo della pelle. Anche così, del resto era ben ricevuta dalle poche famiglie, anche elette, che le offrivano il solo svago che le re- BibliotecaGino Bianco

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