Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930
Paradossi didattici 95 latino e il suo francese parola per parola, e lo studio dei vocaboli gred non lo spaventa, perché è la prosecuzione di un lavoro che ben ·conosce. Un ragazzo italiano non ha bisogn~ di guardare nel vocabolario per sa– pere che cosa significhino tabula, table, aqua, eau, ridere, rire; un ra– gazzo tedesco dovrebbe riscontrare queste parole a una a una, se non le sapesse gi.à a memoria col loro accento, la loro quantità, il loro si– gnificato. _La grammatica greca, morfologia e sintassi, ,è in sé quanto mai dif– ficile, ed è varia per giunta secondo i dialetti e le età. Ma che ai ragazzi riesce con un po' di buona voglia, loro e dei maestri, d'imparar la gram– matica, che la difficoltà seria consiste unicamente nelle parole, ricono– scerà facilmente chiunque abbia assistito a un esame scritto· di greco : non c'è quasi nessuno che non cominci a lavorare, cercando nel dizio– nario ogni parola del testo, non escluse le preposizioni e !e congiunzioni, e appuntando intorno a_ciascuna, a raggiera, tutti i principali signifi– cati che può avere, e non continui, combinando in tentativi successivi un significato della prima parola con uno della seconda, uno della terza e così via, finché ne esca fuori prima una proposizione e poi un periodo · purchessia. Si calcoli per una serie di certa lunghezza quante siano le probabilità di cogliere nel segno con tale metodo, e si troverà che sono pochine ! E cosi si radica negli scolari il pregiudizio che il greco, come se– condo i programmi ministeriali non è impàrabile, così è, unico fra tutti i linguaggi, non univoco ma plurivoco, che in esso ogni frase pq_òavere indifferentemente molti sensL A superare questo punto morto, quest'ignoranza di lingua che può talvolta ammantarsi d'irreprensibqe sapienza morfologica, vale la pena di escogitare un mezzo efficace, anche quand'esso debba andar contro la « tradizione » (parola cara agFimbecilli ai quali risparmia la fatica di pensare), contro una tradizione che non soltanto in Italia ma in tutta l'Europa civile risale al Rinascimento. Certo ne vale la pena, solo se vale la pena d'imparare il greco, solo se a quest'insegnamento deve spettare un posto importante, anzi dominante nell'istruzione della classe dirigente. Io per me sono convinto che sia così per ragioni che sarei con– tento se mi fosse lecito spiegare presto qui nel Pègaso, esponendo la mia concezione dei fini della cultura storico-umanistica. Di opinione non diversa dev'essere il governo fascista, se la, riforma Gentile ha ribadito l'obbligo del greco nel ginnasio-liceo classico. In poche parol~ io penso eh.e anche nelle scuole italiane il greco s'imparerebbe, se esso fosse insegnato prima del latino, fin dalla prima ginnasiale, quando i ragazzi hanno ancora fresca la memoria, sono meno turbati dalla vita esterna e non hanno ancora fitto in capo che le lingue si possono apprendere senza imparare a mente, a forza di dizionario. Questa mutazione ne porterebbe con sé un'altra, il ritardo dell'insegna– mento del latino sino almeno alla seconda, meglio ancora alla quarta ginnasiale. Prevedo (il titolo complessivo di quest' articolo lo dice a chiunque sappia leggere), prevedo lo scandalo, e di questo non mi do pensiero; prevedo anche uno sciame di obiezioni. Prescindo da quelle che si fondano sulla tradizione ; questa- è argomento ai miei occhi troppo simile alla « voce d,el sangue-», perché lo prenda sul serio. Ma altro mi BibliotecaGino Bianco
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