Pègaso - anno II - n. 7 - luglio 1930

LETTERA A « OEOOARIUS » SUL BELLI. Caro Ceccarelli, . quel ch'ella 9,3, scritto sulla Tribuna del 19 giugno nell'articolo « Il popolo non conosce Belli))' spero abbia suscitato nei pochi scrittori ro– mani (voglio propriamente dire nati a Roma) la stessa pena che ha su– scitata in me, e lo stesso rimorso. Lasci sta-re il popolo. Nel popolo la fama dei veri poeti discende sempre dopo che chi sa l'ha consacrata. Il fatto è che noi non abbiamo dato al nostro poeta la centesima_yarte delle cure che, come notava di recente Ettore Veo nell'Antologia, i milanesi hanno date al Porta o i ven eziani al Goldoni. Del Belli non esiste un ordinato epistolario. D.el Belli non .esiste una vita composta con chiarezza e narrata con cordialità, e s'ha d_aricorrere a quella scritta da Domenico Gnoli nel 1878 coi generosi preconcetti politici che quelli anni comportavano; o a quella inclusa nel terzo tomo della Corte e la Società romana del .Silvagni; o alle pagine del Bovet sopra il popolo di Roma ai tempi del Belli, col malaccorto vanto della superiorità, morale delle donne germaniche sulle nostre : libri anche più rad ormai dell'edizione Morandi dei Sonetti. Certo chi gli s'avvicina, povero Belli, gli s'inchina e le pagine che gli ha dedicate nel suo Ottocento Guido Mazzoni, sono anche più cordiali di quelle che ha dedicate al Porta. Ma, ripeto, bisogna cominciare da capo a riscriverla, questa vita del Belli, oggi che a distanza di quasi cento anni Roma è tutta mutata, e la città dei quattro p (preti, principi, pulci e p .... ) è solo un pittoresco ricordo, e il sonetto del Belli a Giuseppe Mazzini e l'odio di lui per la Repubblica romana « nefando prologo di vicinissimo comunismo-» e i Capitoli contro la « Civiltà moderna)) non hanno più che un valore di documento e rien– trano tranquilli nel quadro storico a far da ombre, con vantaggio delle tante persone e cose rimaste in luce. Chi osa al Porta far carico dei pentime1,1ti e rimorsi sopraggiunti negli ultimi anni·? E chi osa diminuire la statura di quel poeta perché a un certo punto se lo vede davanti in ginocchioni ? E chi ripete più contro il Giusti l'accusa del Guerrazzi d'avere scosso a tutta forza la casa e d'impaurirsi poi dei calcinacci? Domenico Gnoli invece, dopo avere degnamente tentato di trarre dalle carte del Belli un primo.saggio di biogrrufia e di critica, non si pèrita dì chiamare compassionevole e di deridere quell' « ometto di mezzana statura che (all'Accademia Tiberina) si alzava e veniva pian piano sull'orlo della pedana, colla faccia amara tinta d'itterizia, colle movenze penose d'un malato di fegato», e de– clamava « le sue tiritere barcollanti a casaccio dietro la rima, schizzanti veleno contro ogni modernità». Oggi, a descriverlo senza astio, sem- BibliotecaGino Bianco

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