Pègaso - anno II - n. 6 - giugno 1930

Stampe dell' Ottocento : << Mi darete di più, » 673 a giuoc-are a tombola,, me ne a.mmanllliva tre o quattro così alla sfug– gita, e talvo11ta perfino ,se ne dimenticava; e rnon potrei dire che fos– sero sempre pizziootti veri e propri, ma ceffatine o pizzichi senza vera profondità. Alle seratillle invece me ne assestava cinque o sei, pizzicotti reali questi, e piuttosto penetranti; e alle serate gratlldi, fra prima e d!opo e per Ile scale, me ne beccavo ullla dozzina che mi arrivav,ano al cuore. Non è molto difficile capire che oolll questo in– gegrnosissimo sistema per diventar rosso io finivo per diventare v~rde. Ma il più strano era questo, che mentre mia madre pretendeva del rosso sul mio viso, e colll tanta risolutezza, ci aveva poi sul suo, oome tutte le altre signore del salotto, mezzo centimetro di melletta bianca come neve; s'era,no intolllacate per rimrunere palllide firnoalla fine, sfidando tutte le ragioni di riscaldamento che può fornire UJila serata dli festa. Si vede proprio che io c'ero per caso in quel secolo benedetto; era uno sbaglio, nolll ci dovevo st·are, non ero desrtilllato ad esso. Allle prirne gli amici a-ndavano col vestito da c3!sa, o poco più, sotto mantelli e scialli allla buona, senza pr,etenzione; aippena giunti prèndevano posto alla gralllde tavola ovale i,n mezzo a cui erruno am– massati i pacchi delle cartelle della tombolla, il sacchetto ooi lllU– meri sopra il cartellone, e monti di fagiuoli e di lupini per segnare. Tutti tiravamo fuori le borsette e insieme a,mulleti e talismani, g,obbi e oornie bestiole di cora!l1oe maJdreperla, smaltate o in ipietre dure; si davamo alla rkerca delle proprie cartelle contrassegmate firmate o legate c,o,nun nastro speciale. Serate di schietta illltd.mi ,tàque'Ste; ai numeri della tombola si rispondeva dal circolo con alilusioni gras- . socce, o era addirittura quello che tirava ,su che dfoeva l'allusiollle invece ,del numero fra ,]e risate; i fanciulli ardevamo daJl desiderio di sapere o se sapevamo brillavamo dalla· gioia, partecipando al se– greto e colll,fidarndoloagli altri. Nel popolo, più vicino altla natura sempre, illl questo caso si risp·ondeva chiamando netto le c-ose col loro lllome, e il giuoco della tombola. in una casa di popolani pareva una lezione di amatomia rudimentalle, giacché non si trattava che di parti del corpo urna-no, di quelle che, pure essendo usate di fre– quenza, vengono nominate assai di ra,do. La borghesia invece amava rinvoltarle in una perifrasi come perle nell'astuccio. Fra un giuooo e l'altro ,gli uomini parlavano dei loro affari, uffici commerci e pro– fessioni, mentre dallla conversazione serrata delle madri potevi sor– prendere a volo delle parole strame : ((fuoco sotto e sopra, rossi d'uovo besciamella, maionese, forno da campagna)). All; seratine, nel salotto buolllo fra illltimi o quasi intimi, si am– dava vestiti con qualche ricercatezza; le signore, eJ!trando, venivano oorndotte nellla camera da letto dei padrollli di casa per togliersi il cappello la sciarpa e le mruntell~, risbo:ffarsi ~ po' i capel!i con uno spillone, darsi una strizzatma allo strozzmo e aJlla cmtura !3, - PèfJaSo. BiblìotecaGino Bianco

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